La rassegna cinematografica della quindicesima edizione di Gender bender volge al termine ed apre la sua ultima serata con un documentario danese d’eccezione. La storia della relazione tra lo sceneggiatore Jens Michael Schau e lo scrittore Christian Kampmann, dall’origine fino al tragico epilogo.

di Francesco Colombrita 

Una foresta lambita dall’acqua nella penombra del crepuscolo. La telecamera se ne allontana, in silenzio. Poi lo schermo nero e alcune voci che emergono, una pone domande e l’altra cerca di rispondere. Questa è la prima immagine che emerge dallo schermo di What he did; una malinconica ouverture che rimane impressa nella retina dall’inizio alla fine di questo drammatico documentario. Il protagonista è Jens Michael Schau, psicologo, sceneggiatore, scrittore. Vive in solitudine nella sua casa di Copenaghen condannato da se stesso a un isolamento, “dovuto alla vergogna” dice lui, che dura da anni. Da quando è uscito dall’ospedale psichiatrico.

Nel 1988, in una spiaggia del nord, in preda a una crisi depressiva e spinto dalla passione e dalla gelosia di una storia ormai deleteria, Jens ha ucciso il suo compagno, lo scrittore esponente del neorealismo danese Christian Kampmann, prendendolo a pugni e finendolo poi con una pietra.

La pellicola si rivela essere il racconto di un uomo che ha scontato la propria pena con la società ma non riesce ad affrontare quella imposta dalla coscienza. Dopo la richiesta di un teatro di mettere in scena una pièce sulla storia di Jens, parte una meditazione che ripercorre la storia d’amore di due ragazzi che scoprono se stessi, si autodeterminano, si amano e conducono la loro vita attraverso tredici anni di una relazione intensa e molto combattuta. Interessanti sono le discussioni tra i membri della compagnia che, discutendo della natura stessa del copione, si interrogano sulla possibilità o meno di definire il preludio di questo atroce delitto passionale come “una storia d’amore”.  

La colpa. Una traccia violenta nell’inconscio che impressa non lascia scampo. La riabilitazione e la pena sono per quella società “che deve riaccogliere” Jens, come afferma un’editrice che per la prima volta dopo la reclusione invita il protagonista ad un dibattito pubblico; tutt’altra cosa è lo specchio che si è costretti a guardare ogni giorno.

What he did è un breve ma profondissimo documentario che attraverso la meta-narrazione riesce ad imprimersi nella mente, lasciando lo spettatore vuoto e sconvolto, costretto a porsi domande che esulano dal particolare e a cui non facilmente si riuscirà a trovare risposta.

 

Trailer del film 

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