di Vincenzo Branà

Voltone del Baraccano

Provate a radere al suolo un pioppeto, uno di quelli su cui gli uccelli hanno scelto di nidificare: tra le conseguenze che più probabilmente vi troverete ad affrontare c’è quella di raccogliere per terra piccoli caduti dal nido, spesso morti o moribondi; oppure quella di osservare il volo smarrito degli adulti alla ricerca dei loro punti di riferimento, smantellati dall’uomo. Il fenomeno è tutt’altro che misterioso, anzi rientra nell’esperienza dei nonni e dei bisnonni, da sempre: è un’antica regola contadina che un po’ tutti sanno. E che ha delle corrispondenze evidenti nell’essere umano e nella società di cui è parte. All’indomani dell’ennesimo sgombero di un centro sociale (che estende il deserto degli spazi giovanili autogestiti) Bologna (e chi la amministra) non può sorprendersi se le piazze del centro – piazza Verdi o piazza del Baraccano – diventano luoghi di socialità, di azione, di protesta. Senza naturalmente chiedere permessi (sarebbe strano il contrario, in effetti). Lo stupore, in questi casi, è una patente di ingenuità che non è di certo all’altezza di Bologna e della sua storia. Piazze piene o rumorose restano comunque il più sopportabile degli effetti collaterali degli sgomberi: nel silenzio nessuno si chiede che fine fanno le persone in difficoltà che in quei luoghi trovavano reti informali di sostegno, le uniche in grado di fornire risposte efficaci ai loro bisogni, in un contesto in cui il sistema istituzionale opera con regole che tendono spesso a respingere piuttosto che accogliere. Quelle persone sono esattamente come gli uccelli caduti dal nido, che attendono – spesso nella disperazione – qualcuno che li raccolga.

pubblicato sul numero 28 della Falla – ottobre 2017