MDLSX è l’ultima produzione del gruppo teatrale dei Motus, che, nato nel 1991, festeggia i suoi 25 anni con Hello Stranger, una pioggia di eventi che, da ottobre fino a dicembre, Bologna dedica a questa compagnia. Lo spettacolo ha debuttato lo scorso anno al festival di Santarcangelo, osannato da pubblico e critica, per andare poi in scena in diverse città. È approdato a Bologna nella duplice cornice di Hello Stranger e del festival Gender Bender, facendo sold out in entrambe le date proposte.
MDLSX è uno spettacolo a tesi – è necessario abbattere gli steccati dell’appartenenza ai due generi tradizionali, sia per la felicità degli individui che per una società più giusta – che riesce a non patire la rigidità tipica di molto “teatro a tesi”, e a incarnarla invece fluidamente nel racconto del coming of age della protagonista, che, cresciuta come una ragazza, a 14 anni scopre di essere intersessuale, e abbraccia la sua parte maschile, scegliendo di iniziare a vivere come un ragazzo.
L’inizio è spiazzante: proiettata su uno oblò sospeso, una bambina bionda canta, stonata, C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones di Gianni Morandi. È la stessa Silvia Calderoni, protagonista e coautrice dello spettacolo insieme a Daniela Nicolò, per la regia di quest’ultima e di Enrico Casagrande. Sullo stesso schermo/oblò viene poi proiettata, live, la performance dell’attrice, che si auto-riprende per gran parte dello show, tutto punteggiato dai suoi filmini di famiglia, a suggerire una commistione tra vita reale e finzione teatrale, che favorisce l’immersione emotiva degli spettatori. Lo stesso nome (e parte delle vicende) del/la protagonista, Cal, da Calliope, pur essendo un richiamo lampante al romanzo Middlesex di Jeffrey Eugenides, risulta anche l’abbreviazione di Calderoni, a rinforzare l’effetto di realtà.
La storia si dipana in modo tutto sommato lineare, partendo dall’infanzia e dal senso di inadeguatezza che Calliope prova, sentendosi quasi un’impostora nei suoi panni di bambina, per arrivare alla scoperta di essere un maschio cromosomico, alla decisione, contro i dottori e i genitori, di vivere come Cal, alla fuga, al contatto con molte vite ai margini, e al commovente ritorno a casa finale. La narrazione di sé si mescola a letture di brani di Paul B. Preciado, Donna Haraway e Judith Butler, arald* della queer theory, e diventa molto onirica grazie alle immagini costantemente proiettate sull’oblò, alle luci e alla musica, un viaggio nella storia del rock – e non solo – dagli anni ’80 ad oggi, che costituisce quasi un personaggio a sé, tanta è la sua rilevanza nel catturare l’emotività dello spettatore.
Su tutto, campeggia il corpo di Calderoni, che alterna stasi e movimento convulso, non ha vergogna di mostrarsi nudo e vulnerabile, e che nella sua sottile, muscolare androginia è davvero un’incarnazione perfetta del superamento della divisione tra i generi.
Il finale è al contempo speranzoso, affettuoso, dolce e malinconico. Accogliendolo sulla porta di casa, il padre gli dice: “Non credi che sarebbe stato più semplice restare com’eri?”, e Cal risponde: “Sono sempre stata così”, mentre scorrono sullo schermo le immagini di Calderoni adolescente coi capelli rasati che balla insieme a suo padre, e partono le note di Please, please, please, let me get what I want degli Smiths.
Allo spettatore resta il compito di riflettere e ri/elaborare l’ondata emotiva, estetica e ideologica che lo travolge negli 80 minuti di MDLSX.
Per saperne di più
Trailer ufficiale dello spettacolo
Il programma di oggi 6 Novembre a Gender Bender
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