di Elisa Manici

Un racconto di formazione e di scoperta di sé delicato, poetico e universale, ma al contempo incarnato nella storia “piccola” di un ragazzo afroamericano, Chiron, che deve trovare il suo posto nel mondo e accettare la sua omosessualità nonostante le carte non facili che la vita gli smazza: essere povero, nero, e abitare in un brutto quartiere di Miami in cui l’unica impresa commerciale fiorente è lo spaccio e chiunque si droga come via d’uscita a esistenze infelici.

Dopo l’anteprima nazionale organizzata ieri a Bologna dal festival Gender Bender in collaborazione con il Biografilm Festival e la casa di produzione Lucky Red, esce oggi nelle sale italiane Moonlight, dell’americano Barry Jenkins. Il film si affaccia sui nostri schermi con al suo attivo una valanga di premi vinti negli Stati Uniti, compreso un Golden Globe come miglior film drammatico, e otto candidature agli Oscar, tra cui quella per miglior film e miglior regista.

Moonlight, che contiene anche elementi autobiografici tratti dall’infanzia di Jenkins, che ne firma anche la sceneggiatura, è diviso in tre capitoli, che affrontano infanzia, adolescenza ed età adulta, a cui corrispondono tre diversi attori che interpretano Chiron. Tre facce diverse, ma tutte ugualmente espressive: ciascuna aggiunge un tassello al mosaico silenzioso che è questo personaggio.

Non ci vengono risparmiate le durezze della vita del ghetto, lo spaccio, i sottoposti, la mamma tossica, ma il tutto viene reso con una fotografia colorata e pulita che, sebbene non faccia certo diventare glamour l’ambiente descritto, ci distanzia comunque un po’ dagli aspetti più prepotentemente squallidi per farci concentrare di più sull’esperienza umana.

Chiron, fin da piccolo, oltre a tutto il resto, deve fare i conti con una diversità che non sa spiegarsi: gli altri bambini lo inseguono, lo tormentano, lo picchiano, senza nemmeno sapere perché. Gli adulti, sia la madre che Juan, lo spacciatore cubano che gli si affeziona e diventa per lui un surrogato della figura paterna, lo capiscono prima. Quando finalmente ci arriva anche lui, quando finalmente il suo migliore amico gli offre la sua prima esperienza sessuale, il tradimento arriva immediatamente dopo, brutale e bruciante. Da un lato, serve a farlo ribellare per la prima volta contro i bulli, dall’altro a rinunciare alla sua individualità più vera per modellarsi sulle aspettative sociali del piccolo mondo del ghetto e vivere secondo le aspettative degli altri.

Ma la vita non è mai tutta rosa o tutta oscurità, e nel finale anche per Chiron si apre la speranza di poter essere se stesso e di poter vivere come desidera, complice l’amore che, benché non salvifico, una prospettiva di riscatto certamente la fornisce. Il film si conclude con un gesto di cura, di tenerezza, che a Chiron sono sempre mancate, piccolo in apparenza, ma che assume una prospettiva enorme calato nella sua vita.

Dopo un miliardo di film a tematica gay con protagonisti bianchi, immancabilmente di classe media, alle prese con problemi standard “da gay” come il coming out, o l’Hiv, Moonlight risulta rinfrescante come acqua di sorgente, oltre a essere una storia che riesce a elevarsi dalla prospettiva del “qui e ora” per diventare un racconto universale sul viaggio che tutte e tutti noi facciamo verso noi stessi.

Moonlight: 

Drammatico, 2016, 112’
di Barry Jenkins, con Trevante Rhodes, André Holland, Janelle Monáe, Ashton Sanders, Jharrel Jerome, Naomie Harris and Mahershala Ali.

Trailer Ufficiale del Film