IL TDOR TRA MEMORIA E COMUNITÀ

di Francesco Colombrita

Il 29 giugno del 2015 l’agenzia d’informazione Reuters comunica che a Istanbul la polizia ha utilizzato gli idranti contro i manifestanti del Pride. Nei giorni successivi la stampa internazionale diffonde delle fotografie dell’accaduto, talmente iconiche da diventare in breve virali: un’attivista affronta gli idranti con coraggio, in piedi, un braccio teso a schermarsi il viso. In un altro fotogramma lei è caduta per terra ma non cessa di opporsi, il suo corpo è la sua rivolta, ma a questo lei è abituata. Il suo nome è Hande Kader, donna trans, sex worker e strenua combattente per i diritti delle persone LGBT+. I riflettori su di lei si spengono rapidamente.

A circa metà di agosto dello stesso anno Davut Dengiler, coinquilino di Hande Kader, ne dichiara la scomparsa. Era stata vista l’ultima volta l’8 agosto salire sull’auto di un cliente. Davut non si dà pace, la cerca ovunque, alla polizia non sembra importare, si reca anche negli ospedali locali nel terrore che le possa essere accaduto qualcosa. Sta per uscire da un obitorio cittadino quando un medico legale lo ferma dicendo che c’è anche un cadavere carbonizzato, ritrovato di recente. Il 22 agosto, in un elegante quartiere residenziale di Istanbul, era stato recuperato un corpo che era stato gravemente menomato e successivamente dato alle fiamme. È quello di Hande.

Il caso ottiene nuovamente risonanza e anche la stampa mainstream, per una volta, sembra raccontarlo per quello che è: un orribile omicidio transfobico la cui violenza è la chiara risposta alle azioni del bersaglio. Proprio lei che, racconta il suo coinquilino alla Bbc, era divenuta una grande attivista, sconvolta dalle percentuali di omicidi ai danni delle persone trans. Dopo aver subito innumerevoli episodi di violenza, voleva lottare e manifestare per cambiare la società e, per la sua protesta, è andata incontro a un massacro. Definita «un’icona» da svariate testate, Hande Kader è divenuta un simbolo di lotta e rivolta in Turchia e non solo.

Sono state molteplici, nel 2016, le manifestazioni a lei dedicate, anche in Italia. Il suo nome è uno di quelli che è riuscito a emergere dal mare magnum del sangue versato ogni giorno per la follia transfobica di una società violenta e retrograda, in particolar modo di fronte a ciò che sfugge e sfida il binarismo di genere, così caro alla nostra cultura.

Ogni anno il numero delle persone uccise aumenta e l’International Trans Day of Remembrance è la commemorazione di tutto questo. Si tratta di memoria, quella memoria costruita tramite una narrazione comune ricca di simboli e rituali atti a creare un terreno su cui erigere il futuro in modo consapevole e meditato. Non fine a se stessa, ma punto da cui partire e muoversi, costruendo un senso di comunità.