Sabato 11 e domenica 12 dicembre si terranno a Roma gli Stati Genderali, vale a dire un’assemblea nazionale in cui persone LGBTQIA+ e/o con disabilità faranno il punto sull’agenda politica dopo il prevedibile affossamento del Ddl Zan. 
Proviamo a capire come ci si è arrivat*.

Il Ddl Zan, per la sua formulazione e i molti cambiamenti intervenuti nel testo, non ha mai trovato, in quanto tale, un sostegno convinto, né dell’asfittico movimento LGBTQIA+ filo-istituzionale – che dall’approvazione delle unioni civili del 2016 in poi non ha saputo trovare altri obbiettivi comuni per cui lottare insieme – né tantomeno della parte più radicale del movimento LGBTQIA+, con elaborazioni teoriche anni luce avanti.

Il ddl Zan, anche se fosse divenuto legge, sarebbe stato il minimo sindacale. La miopia dei conservatori transfobici e delle sedicenti femministe essenzialiste loro alleate, ossessionate dagli organi genitali della gente, è stata non capire che, incaponendosi sull’eliminazione dell’espressione “identità di genere”, che avrebbe di fatto escluso le persone trans* e quelle non binarie dall’ombrello della legge, hanno trasformato il Ddl Zan in un simbolo, sia pure tardivo.

A quel punto, con intelligenza, la parte di movimento meno istituzionalizzata e più organizzata dal basso ha assunto nella sua lotta il Ddl Zan (diversamente da quanto era accaduto con la legge sulle unioni civili, tranne che a Bologna, dove tutt* insieme urlammo «molto più di Cirinnà»), al grido: «molto più di ddl Zan». Questo concetto di “molto più” è stato cardinale, e intorno a esso si sono organizzate piazze in tutto il Paese, prima per sostenere l’approvazione del Ddl, poi per esprimere tutta la rabbia perché nemmeno questo minimo sindacale è stato raggiunto. 

Se esiste un buon momento per cercare di mettere in piedi una rete nuova, è questo: andiamo a Roma per partire dalle esperienze locali e per metterle in comune, per parlare di salute, autodeterminazione di genere, di come ci rappresenta la società generalista nei suoi media, di giustizia riproduttiva, di contesti internazionali, di migrazione interna ed esterna, e molto altro. Andiamo a Roma perché vogliamo smantellare l’assunto patriarcale per cui i rappresentanti autorevoli del movimento LGBTQIAP+ debbano essere necessariamente dei maschi bianchi cis abili.
Andiamo a Roma perché con il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà di gramsciana memoria vogliamo crederci, che cambiare il mondo a partire da noi sia in qualche misura possibile.

Qui trovi l’evento Facebook con le informazioni sull’assemblea: https://www.facebook.com/Stati-Genderali-lgbtqia-Disability-110046754825450