LGBT+ E FORZE DELL’ORDINE: UNA FOTOGRAFIA DELL’ATTUALE

Genova, giugno 2009, Pride nazionale. Il nostro primo Pride come associazione. Esponiamo, trepidanti e orgogliosi, il nostro striscione che recita “Polis Aperta – associazione LGBT+ appartenenti alle Forze armate e alle Forze dell’ordine”. Temevamo il dileggio dei colleghi, temevamo di esporci troppo, temevamo di avere problemi al lavoro. E invece, la reazione più comune in chi legge lo striscione è il riso. Non ci prendono in giro con intento malevolo, semplicemente la gente è più propensa a credere che la nostra sia la gag ironica di un gruppo di provocatori che, non si sa perché, hanno scelto uno striscione invece del classico costume da poliziotto sexy alla Village people.

 

Da allora, ne è passata di acqua sotto i ponti, e il movimento LGBT+ italiano si è abituato alla nostra presenza. Polis Aperta è l’unica associazione italiana di persone omosessuali e transessuali che lavorano nelle forze di polizia e nelle forze armate. Nasciamo da un gruppo informale di persone che, nel 2004, si trovano a vivere un’esperienza straordinaria e inaspettata: partecipiamo, ad Amsterdam, al primo congresso della European Lgbt Police Association (EGPA), una rete europea di associazioni di polizia LGBT+, alcune delle quali nate all’interno dei corpi di polizia di vari Paesi europei. L’EGPA ci ha spinti a fondare un’associazione “di categoria” anche in Italia, pur non avendo noi alcuna esperienza precedente nel movimento LGBT+ italiano, e pur al di fuori dell’istituzione “polizia” che in Italia è frammentata in Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia Penitenziaria, in più ogni comune italiano ha la propria Polizia Locale.

I primi anni sono stati quindi vissuti con titubanza, ma col tempo si è seguito l’esempio dei colleghi europei e alcune persone di Polis Aperta sono uscite allo scoperto rilasciando interviste, dando visibilità all’associazione che ha così iniziato a crescere; inoltre, in occasione di un congresso a Vienna sui crimini trans-omofobici, abbiamo richiesto per la prima volta e ottenuto dai nostri vari rispettivi Comandi l’autorizzazione a presenziare in uniforme, quindi, in un certo senso, a rappresentare la polizia italiana in eventi in cui si trattava il tema LGBT+. Questo ha poi aperto la strada ai primi percorsi di formazione in Italia specifici per gli operatori di polizia sulle tecniche operative con vittime di reati LGBT+. Abbiamo iniziato a collaborare anche con l’Oscad, l’Osservatorio Contro gli Atti Discriminatori della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri, strumento importantissimo per la comunità LGBT+, purtroppo ancora poco conosciuto. L’Oscad è stato istituito dal Prefetto Manganelli, ex capo della Polizia di Stato, prematuramente scomparso, che ravvisava un vuoto legislativo nei confronti delle vittime di crimini d’odio LGBT+, per iniziare a raccogliere dati anche in Italia sui crimini trans-omofobici e per rispondere alle esigenze di sicurezza della società, con particolare attenzione alla vulnerabilità della minoranza LGBT+.

La funzione pratica dell’Oscad è soprattutto quella di sostenere le vittime LGBT+ che vogliono sporgere querela, indirizzandole verso personale di polizia preparato e sensibile nel luogo in cui vivono, e seguendo l’andamento delle indagini. Per questo lo riteniamo uno strumento importantissimo che ogni persona LGBT+ dovrebbe conoscere. Visto l’ottimo rapporto costruito in questi ultimi anni tra Polis Aperta e Oscad, e la partecipazione congiunta ad alcuni eventi europei, è stato possibile organizzare una riunione di Polis Aperta all’interno della sede della Criminalpol a Roma, nonché diversi convegni sul tema dei crimini d’odio che hanno visto la partecipazione di dirigenti di Polizia e Carabinieri al fianco della comunità LGBT+. Il nostro scopo, infatti, come persone LGBT+ in divisa, è quello di costruire ponti di amicizia e fiducia reciproca tra la comunità LGBT+ e le forze di polizia. Storicamente il movimento LGBT+ è nato proprio dai moti di ribellione di Stonewall contro gli agenti che perseguitavano le persone LGBT+.

Oggi, proprio grazie a quei moti, le persone LGBT+ che lavorano nelle forze dell’ordine possono fare coming out e far sì che queste realtà diventino alleate della comunità LGBT+ per contrastare insieme omofobia e transfobia. Attualmente lo stesso Oscad sta formando tutti i nuovi agenti che entrano in polizia al rispetto delle persone LGBT+ e al contrasto dei crimini d’odio: è in atto, quindi, un grande cambiamento.

All’inizio una parte del movimento LGBT+, anche comprensibilmente, non ci vedeva di buon occhio, abbiamo quindi dovuto affrontare non solo il pregiudizio come persone LGBT+ nei nostri ambienti di lavoro, ma anche il carico di diffidenza che ci veniva dall’essere persone in divisa nell’ambiente LGBT+. Per superare questa sfiducia iniziale abbiamo deciso di svolgere sempre le nostre assemblee all’interno dei vari circoli culturali LGBT+ d’Italia, per presentarci e farci conoscere di persona, e arrivare a stringere legami di amicizia con la comunità. Lo scopo di Polis Aperta si articola quindi su due fronti: da un lato combattere le discriminazioni all’interno delle forze di polizia, quindi vivere serenamente la nostra condizione di persone LGBT+ in divisa, incoraggiando i nostri colleghi LGBT+ a fare coming out attraverso il nostro esempio; dall’altro lato, combattere i crimini trans-omofobici all’esterno, nella società, sfruttando la nostra professionalità e promuovendo alleanza e collaborazione tra polizia e comunità LGBT+.

Amsterdam – 1st LGBT Conference for Criminal Justice Professionals

L’imprinting europeo che ha caratterizzato la nascita in Italia di Polis Aperta è quello della visibilità positiva, non del vittimismo, e ogni giorno cerchiamo di agire sulla società attraverso la nostra visibilità di persone LGBT+ in divisa, per sradicare pregiudizi dell’immaginario comune, legati anche agli stereotipi di genere.

Per quanto riguarda la lotta all’omo-transfobia, la sfida principale è il sommerso, che noi cerchiamo di far emergere attraverso le querele dei crimini trans-omofobici subiti dalle persone LGBT+. Nella maggioranza dei casi le vittime NON denunciano il reato o i reati subiti per paura di una reazione negativa della polizia o di non essere presi sul serio; o che il proprio orientamento sia rivelato in pubblico e/o ai familiari (outing). Influisce anche l’assenza di una legislazione che riconosca il movente del crimine come odio specifico verso l’orientamento omosessuale o l’identità di genere; quindi, la vittima tende a percepire quanto subito non come un reato punibile ma come “qualcosa da mettere in conto se si è gay/trans/lesbiche”.

Siamo convinti che grazie alla creazione dell’Oscad, almeno le prime due paure possano essere superate. Rispetto al terzo punto, da parte di Polis Aperta è stato creato un vademecum, scaricabile sul sito dell’associazione (www.polisaperta.it), che indica alle persone LGBT+ cosa fare in caso di aggressione e come si fa a sporgere querela in modo efficace. Lo scopo è, nonostante il vuoto legislativo specifico, incoraggiare le querele, ovvero l’emersione di crimini trans-omofobici, avvalendosi al momento dei reati generici previsti dal nostro Codice Penale e dello strumento Oscad. Nell’attesa che la legge Mancino venga finalmente estesa per punire i reati d’odio basati sull’orientamento sessuale e l’identità di genere.

pubblicato sul numero 23 della Falla – marzo 2017

foto: Polis Aperta (Pagina Facebook), Polis Aperta (Sito web)