Ne abbiamo parlato spesso anche nei nostri articoli: la storia abbonda di donne che hanno fatto della scienza la loro ragione di vita e che, molto spesso, hanno dovuto lottare contro una società patriarcale irriconoscente e gonfia di pregiudizi. 

Frugando nelle antichità e nelle incertezze dei miti, incontriamo ad esempio Agnodice. Fonti di Gaio Giulio Igino ci raccontano di questa ragazza del IV secolo a. C. determinata a diventare un medico – ma anche ben consapevole che ad Atene questa professione le è proibita. Si dice abbia studiato ad Alessandria d’Egitto, dove le donne potevano prendere parte alla comunità medica, e che, tornata in Grecia, si sia tagliata i capelli e abbia indossato solo abiti maschili per ingannare il mondo e praticare l’ostetricia e la ginecologia. Confidava la sua identità di genere solo alle donne che necessitavano delle sue cure, conquistandosi la loro fiducia. Divenne presto il simbolo delle donne che si aiutano tra loro nella difficoltà, ma la sua popolarità le costò l’anonimato: i colleghi invidiosi l’accusarono di sedurre le pazienti e la condussero in tribunale. Costretta a rivelarsi donna di fronte ai giudici e destinata alla pena capitale per avere studiato e professato la medicina, fu strenuamente difesa da una folla di donne che si riversò nei pressi dell’Areopago. Agnodice venne assolta dalle accuse e ottenne l’abolizione della legge misogina, instaurata dopo la morte di Ippocrate, aprendo le porte a tutte le future mediche. O almeno, a tutte quelle che avrebbero accettato di limitare l’esercizio della professione alla cura del genere femminile, perché non ritenute adatte ad occuparsi di altro. 

Nel Medioevo, quindi, la salute delle donne passa esclusivamente per mani femminili: Trotula de Ruggiero (1000 d. C. circa) nasce a Salerno da un’importante famiglia normanna che le permette di dedicarsi agli studi di medicina, sposa un medico ed entra a far parte della cerchia attiva intorno alla Scuola Medica di Salerno – prima e più importante istituzione medica d’Europa di quel periodo. «Donna, filosofa, assai bella e dalla quale i medici ignoranti traggono grande autorità e utili insegnamenti», scrive il De passionibus mulierum ante in et post partum, un trattato «sulla cura delle malattie delle donne prima, durante e dopo il parto mai prima edito, in cui vengono minutamente illustrate le infermità e le sofferenze che capitano al sesso femminile, la cura dei bambini e dei ragazzi al momento del parto, la scelta della nutrice, le prescrizioni riguardanti entrambi i sessi, le esperienze infinite di varie malattie con alcuni preparati che servono ad abbellire il corpo» rivoluzionario per l’epoca: bellezza, salute, armonia e cura costituiscono un insieme. Il corpo non è separabile dal contesto relazionale che accompagna gli eventi della nascita, della cura dellǝ bambinǝ e della sua relazione con la figura di madre e nutrice. Fondamentale, quindi, per Trotula – che presto guadagna il titolo di Magistra – che anche le donne seguano uno stile di vita e un’alimentazione adatta alle loro esigenze, a suo avviso diverse da quelle degli uomini, anche per ragioni anatomiche. I suoi scritti vennero utilizzati fino al XVI nelle scuole di medicina più rinomate, e la figura di Trotula fu così idealizzata da indurre alcunə studiosə a metterne in dubbio la storicità.

Nel libro di Pietro Greco Trotula. La prima donna medico d’Europa, però, la figura di questa donna è stata descritta come la prima e la più dotata e famosa, ma è ben spiegato anche come sia stata una tra le molte mediche della Scuola. Dettaglio noto anche ai commentatori medioevali che, all’interno di molti testi medici del XII-XIII secolo, ci raccontano di mulieres salernitanae che hanno avuto la possibilità di diventare mediche proprio in virtù dell’ambiente in cui sono vissute, ospitate in una città ben lontana dai tradizionali centri urbani dell’epoca: cosmopolita, laica e dinamica.

E se decidessimo di fare un balzo in avanti di quasi mille anni? Ci accorgeremmo, purtroppo, che non abbiamo fatto grandi passi verso la parità. Ernestine Puritz-Manassé (Odessa, 1846 – Firenze, 1926) è la prima donna laureata in medicina del nostro Paese unito e la stampa dell’epoca la descrive così: «È un angelo della famiglia, moglie, madre amorosissima, e trova il tempo per tutti i suoi doveri, professando la medicina come un vero sacerdozio, e non trascurando mai lo studio.» È il 1877 e, sebbene la sua prima tappa è l’Università di Zurigo – lo stesso ateneo dove, solo 10 anni prima, si era laureata Nadeschda Suslowa, la prima donna medico europea – poi passa per Pisa e ottiene la specializzazione biennale medica presso il Regio Istituto di Studi Superiori di Firenze. Pratica la professione privatamente, spesso gratuitamente e, fin da subito, cura le «malattie dei bambini e delle donne» – perché non le è permesso di occuparsi di altro. Nel 1881, in occasione del censimento, si dichiara comunque “dottoressa non esercente”, perché in quegli anni una medichessa (termine dell’epoca, ndr) non poteva di certo assicurarsi una clientela regolare. Tuttavia Puritz-Manassé è anche un’abile divulgatrice e, nel 1911, fonda una scuola per bambinaie. Di cultura ebraica, sostenitrice di un femminismo laico e impegnato in attività benefiche, nel suo scritto Conferenza sulla donna, contenuto in La maestra elementare italiana, Ernestine afferma che certe carriere professionali dovessero essere agevolate alla donna, soprattutto per coloro che «vogliono o siano in necessità di scegliere un modo di vita e di lavoro diverso da quello della generalità delle donne».

Perché la qualifica di pediatra sia affidata ufficialmente a una donna, in Italia, dobbiamo attendere Amalia Moretti Foggia (Mantova, 1872 – Milano, 1947) che, dal 1902 fino alla sua morte, esercita la specializzazione presso la Poliambulanza di Porta Venezia di Milano, partecipando attivamente alla cura di quelli che all’epoca venivano chiamati “problemi femminili” e a informare la cittadinanza sull’importanza di un’igiene consapevole. La ragazza, di origine agiata, avrebbe dovuto laurearsi in farmacia e seguire l’azienda di famiglia come avrebbe voluto il padre, ma lei si iscrive alla facoltà di medicina di Padova per specializzarsi a Firenze, in pediatria, con il celebre prof. Mayer. Qui conosce Anna Kuliscioff – medica e fondatrice del Partito Socialista Italiano insieme al suo compagno, Filippo Turati – ed è proprio Kuliscioff ad aiutarla a trasferirsi a Milano, dove continua la professione, lottando alacremente contro la diffusione della tubercolosi. Contemporaneamente, cura anche la rubrica La parola del medico ne La Domenica del Corriere, con lo pseudonimo maschile di Dottor Amal. Curioso che, invece, abbia scelto un alter ego femminile per firmare un’altra rubrica dello stesso periodico che, invece, tratta di ricette di cucina: qui è Petronilla, e diventa comunque molto nota al pubblico. In tutti i suoi scritti – siano essi di natura clinica o libri di cucina – possiamo ritrovare, comunque, un’attenzione particolare per le classi meno abbienti: trucchi, consigli, suggerimenti per rendere la loro vita quotidiana più sicura.

Per saperne di più:
Trotula – La prima donna medico d’Europa, Pietro Greco / L’asino d’oro (2020)
La cucina del tempo di guerra. 200 suggerimenti per … questi tempi, Petronilla / Guaraldi (1997)
https://mistakinghistories.wordpress.com/2017/10/18/agnodice-reading-the-story/
http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/agnodice/