CONSIDERAZIONI SULLE AMMINISTRATIVE BOLOGNESI DEL 2021

Sono ancora molte le incognite in vista delle prossime elezioni amministrative a Bologna. Tempi, candidature, programmi: è tutto da decidere. La crisi e la successiva caduta del governo Conte II contribuiscono a complicare ulteriormente il contesto, influendo sulle eventuali alleanze a livello locale fra le forze politiche, in particolare fra Pd e Movimento 5 Stelle. Il quadro politico è complicato anche perché le elezioni di Bologna si inseriscono all’interno di un’importante tornata elettorale che coinvolge molte città metropolitane: Milano, Roma, Torino, Napoli, ecc.

L’unica certezza è che la nuova giunta e il nuovo consiglio comunale, come tutte le altre istituzioni, affronteranno la più grave crisi economica e sociale dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Allo stesso tempo si troveranno a gestire il più grande afflusso economico in Europa, superiore anche al Piano Marshall, con i soldi previsti dal programma Next Generation Eu, circa 209 miliardi di euro.

I primi di febbraio la Commissione Europea ha inserito un’importante novità all’interno degli obiettivi prioritari dei piani nazionali per il Recovery Plan: la parità di genere. È un segnale rilevante per il governo, motivo per cui il Premier incaricato Mario Draghi ha citato nel suo discorso per la fiducia al Senato l’intenzione di «lavorare a un riequilibrio del gap salariale e un sistema di welfare che permetta alle donne di dedicare alla loro carriera le stesse energie dei loro colleghi uomini, superando la scelta tra famiglia o lavoro». 

Anche se la composizione del neo-governo ci ha dimostrato per l’ennesima volta sia l’enorme distanza che separa le parole dai fatti, sia la necessità in politica di mobilitarsi per prendersi spazi che altrimenti non sarebbero mai concessi.

A ogni modo, tutti i livelli amministrativi saranno chiamati in causa inclusi i comuni.

La disuguaglianza di genere rappresenta uno, se non il più significativo, dei principali problemi strutturali del paese, dal momento che le donne sono il 51,3% della popolazione (dati Istat 2020). I comuni dovrebbero rappresentare l’avamposto di prossimità per raggiungere una reale coesione sociale, il cui pilastro fondamentale dovrebbe essere la lotta alle discriminazioni di genere.

Uno degli ambiti in cui il divario di genere risulta più evidente è proprio quello della partecipazione alla vita pubblica e politica. Bologna ha registrato un significativo aumento della presenza di donne nel consiglio comunale passando dal 19,6% nel 2004 al 44,4% nel 2016 anche grazie all’introduzione della legge 23 novembre 2012, n. 215, che prevede disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte degli enti locali e nei consigli regionali, con la duplice misura volta ad assicurare il riequilibrio di genere: 1) la previsione della quota di lista nelle liste dei candidati/e, nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi; 2) l’introduzione della doppia preferenza di genere, che consente all’elettore/elettrice di esprimere due preferenze purché riguardanti candidati/e di sesso diverso, pena l’annullamento della seconda preferenza.

A ogni modo il “soffitto di cristallo” è ancora intatto dato che non c’è mai stata una sindaca, a differenza di grandi città come Roma, Milano e Torino, e altre istituzioni sociali e culturali cittadine sono ancora fortemente a guida maschile.

Sarà importante che le prossime elezioni confermino il trend in crescita della presenza delle donne in consiglio comunale e che raggiungano una presenza perlomeno paritaria nella giunta con deleghe di peso e risorse economiche adeguate. Insomma, non possiamo accontentarci di pari opportunità, scuola e poco altro.

Non sappiamo ancora se ci saranno primarie di coalizione o candidature unitarie, in ogni caso dovremmo assicurarci come comunità che ci sia una dialettica interna ed esterna ai partiti che tenga conto del punto di vista di genere nelle sue diverse forme, e femminista, sul governo della città.

Le candidature di donne e persone LGBTQIAP+, per quanto importanti, non basteranno da sole a garantire politiche efficaci di contrasto alle diseguaglianze di genere se non faranno parte di una visione strutturale complessiva di trasformazione della città. Una visione che non potrà essere sostenuta solo dalle donne se si intende davvero ottenere giustizia sociale per tuttə.

Sarà determinante un grande attivismo civico di tuttə noi come singole e nelle diverse forme possibili (associazioni, gruppi, collettivi, ecc.) per porre all’attenzione della città proposte concrete per affrontare le questioni cruciali in ambito sociale, economico, culturale, ora aggravate dall’emergenza Covid.

Ad esempio, per quanto riguarda i servizi sociali è necessario offrire servizi di qualità che permettano di sollevare le diverse famiglie dal carico di cura nei confronti di figli/e, persone anziane e persone con disabilità, per migliorare il benessere complessivo di tutta la società non solo delle donne. Nel frattempo è urgente e necessario un radicale cambiamento culturale che porti a un’equa ridistribuzione del lavoro di cura.

Garantire che tutti i bambini e le bambine possano avere accesso all’asilo nido, rispetto all’attuale 46,9% del Comune di Bologna, comporterebbe non solo una maggiore possibilità per le donne di trovare lavoro e di migliorare le proprie condizioni (part time Vs full time, stipendi più alti), ma anche di offrire migliori opportunità di sviluppo sociale e cognitivo a tutti i bambini e bambine senza discriminazioni. Favorire una maggiore integrazione fra i servizi sanitari e i servizi sociali, semplificando l’accesso e la relazione con i servizi, ridurrebbe il carico organizzativo che le donne all’interno dei nuclei familiari gestiscono per accedere alle prestazioni.

Andrebbero inoltre ripensati nuovi modelli di cura per le persone anziane, in particolare nuovi modelli abitativi capaci di offrire alternative di qualità alle sole opzioni case di riposo o inserimento di badanti in casa. È un tema molto rilevante, in particolare anche per la comunità LGBTQIAP+, dato che gli ultrasessantacinquenni sono un quarto della popolazione di Bologna, oltre 96.200 persone, di cui 35.321 vivono sole (dati al 31 dicembre 2020, Ufficio Statistica Comune di Bologna).

L’emergenza Covid-19 impone anche la necessità di ripensare il perimetro delle fragilità sociali di cui farsi carico che non possono limitarsi a quelle economiche. Radio Fujiko ha approfondito proprio pochi giorni fa il tema dell’impatto negativo della pandemia sulla salute mentale, da cui risulta che nella popolazione, al di fuori del personale sanitario e delle persone sopravvissute all’infezione, l’impatto risulta particolarmente gravoso per donne, giovani e caregiver.

Sarebbe anche importante che il comune assumesse in modo vincolante la misura del gender procurement, vale a dire l’introduzione dei requisiti della parità di genere negli appalti pubblici, per promuovere con maggiore forza e incisività la partecipazione delle donne in tutti i settori del mercato del lavoro.

La lista delle questioni sarebbe molto lunga, le sfide che abbiamo davanti come comunità nei prossimi mesi sono enormi e non potranno essere vinte senza il protagonismo delle donne e delle persone LGBTQIAP+ dentro e fuori le istituzioni e senza proposte di reale trasformazione radicale dell’esistente.