OMOSESSUALITÀ NEI LIBRI PER L’INFANZIA
di Antonia Cassoli
C’è stato un tempo in cui la letteratura per l’infanzia, così come quella per l’adolescenza, era concepita con chiari intenti pedagogici, perché si pensava che il/la bambino/a non avesse una coscienza estetica e non sapesse godere del piacere ludico della lettura. Solo negli anni Sessanta del XX secolo abbiamo cominciato ad avere una produzione letteraria rivolta all’infanzia degna di questo nome, a partire dalle opere eterne di Roald Dahl e Gianni Rodari, fino a riempire, oggi, le librerie di tantissimi, sacrosanti, libri: divertenti e giocosi e provocatori e di puro intrattenimento.
Tuttavia, quando sono comparsi i primi libri con personaggi omosessuali, si è tornati a quella tradizione ottocentesca che voleva porsi come strumento educativo.
Per due decenni, le storie raccontate erano tutte tremendamente simili: c’è una famiglia, c’è un/a bambino/a protagonista e c’è un personaggio omosessuale che è sempre un adulto (genitore o parente del/la bambino/a). Di solito si fronteggia un problema che può essere una malattia (indovinate quale!) o un comportamento omofobo che ferisce il/la protagonista. Ci sono famiglie felici (soprattutto: ci sono sempre famiglie), ma non ci sono personaggi omosessuali di sfondo, come nella realtà; sembra che si voglia mantenere una distanza di sicurezza tra il/la bambino/a e la personificazione dell’omosessualità.
Jenny lives with Eric and Martin, il primo apparso, uscì in Danimarca nel 1981, corredato di fotografie della bambina Jenny e dei suoi due papà. Ma già dalla seconda edizione, l’unica con una vera distribuzione, le fotografie furono sostituite da disegni stilizzati della famiglia; le fotografie, evidentemente, rendevano troppo reale la storia, suscitando nei piccoli lettori e lettrici domande che richiedevano risposte altrettanto reali.
Heather has two mommies, uscito nel 1990, conteneva il ritratto di una famiglia omogenitoriale, spiegando che si era creata grazie all’inseminazione artificiale. Questa parte, su suggerimento di genitori e insegnanti, fu soppressa nella seconda edizione del libro e anche nella terza del 2010, nonostante si fossero già diffusi, in quegli anni, libri illustrati sulla fecondazione e sui metodi di concepimento alternativi. Insomma: si può insegnare ai bambini e alle bambine che non arrivano dalle cicogne, ma meglio non far loro sapere i dettagli, se ad attenderli ci sono due donne.
Solo a partire dagli anni 2000 compaiono libri meno esplicitamente pedagogici dove l’omosessualità è vista come uno dei tanti aspetti dell’essere umano. In genere privi di trama e di strutture narrative, mostrano attraverso immagini e didascalie ai/alle bambini/e che le diversità sono molteplici. Così, insieme alle varie etnie e alle disabilità, si presentano famiglie con due mamme o due papà.
È vero che la letteratura è sempre stata specchio della società che la produce, ma la letteratura per l’infanzia si pone come il più potente strumento di conservazione sociale. Se, dunque, non è un caso che il primo libro provenga dalla Danimarca, primo paese al mondo a introdurre il matrimonio tra persone dello stesso genere, non è nemmeno un caso che, in Italia, libri di questo tipo siano arrivati con ritardo mostruoso. La produzione italiana è stata totalmente inesistente fino al 2011, ma anche la pubblicazione di opere straniere ha latitato per molto e tutt’ora procede a rilento.
Le Biblioteche Civiche Torinesi compilano da anni un encomiabile elenco dei libri a tematica LGBT+ che si possono trovare in Italia. Nel 2010 c’erano 10 libri per l’infanzia, nel 2019 sono diventati 98. Da una parte è un dato ottimistico, dall’altra ricordiamoci che, epurato l’elenco dei più vecchi – che per cambio generazionale saranno ritenuti meno attraenti dai giovani lettori e lettrici – ne resta una disponibilità davvero esigua: la percentuale delle persone LGBT+ è maggiore della percentuale dei libri che le rappresentano.
Se poi volessimo includere anche le ultime due lettere dell’acronimo, gli esempi si ridurrebbero all’osso: pochissimi libri accennano alla bisessualità e ancora meno raccontano dell’essere trans.
Una debole luce si è accesa recentemente: Rizzoli ha pubblicato L’importante è che siamo amici – storia di un orsetto di peluche trans – mentre Mondadori ci ha regalato George, storia di un bambino che si sente femmina e farà di tutto per farlo capire alla recita scolastica.
Pubblicato sul numero 56 della Falla, giugno 2020
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