Dal 6 settembre 2018 in India non saranno più puniti i rapporti contro natura, come venivano definiti dalla legislazione imposta dai colonialisti britannici i rapporti sessuali tra uomini, quelli anali tra uomini e donne (le lesbiche non venivano considerate né sanzionate), con gli altri animali.
Lo ha deciso la Corte Suprema che, con voto unanime, ha abrogato l’articolo 377 in vigore dal 1861.
Anche per il rapporto di amicizia con due tra gli attivisti di GayBombay, Alok Hisarwala e Vikram Doctor, coppia contro natura, la loro vittoria mi emoziona.
Sembrava fatta già nel 2009, quando l’Alta Corte di Delhi si era pronunciata per l’abrogazione. Ma nel 2013 la Corte Suprema aveva cancellato la sentenza affermando che spettava al Parlamento, dal 2014 dominato dal partito induista conservatore di Narendra Modi, di legiferare. Un colpo per il movimento. Che reagì tornando a tessere la tela protestando, manifestando, coinvolgendo, argomentando.
Ce l’hanno fatta, piccoli gruppi nel mare di un miliardo e trecento milioni di persone. L’hanno sognato e l’hanno voluto, non si sono spaventati né preoccupati per il tempo che passava. Non si sono lamentati, ispirati da Siddhartha Gautam, morto a 28 anni nel 1991 e considerato il fondatore del movimento LGBT+ indiano, il quale sapeva che “le cose sarebbero cambiate”.
Tra i vantaggi dell’essere anziani – tanti gli svantaggi – vi è la consapevolezza che i momenti più difficili, personali e della storia civile, hanno un epilogo. E che, impegnandoci, le cose cambiano.
pubblicato sul numero 38 della Falla – ottobre 2018
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