Spesso chi abita Bologna venendo da altre città se ne innamora. È successo a me, che pure sono certo che nessun luogo sia paragonabile alla natia Romagna. È una miscela di dialogo e conflitto, di 100.000 universitari che portano idee, modi e corpi giovani, dell’essere anche geograficamente crocevia tra popoli, commerci, culture, di donne libere e combattive. Anche i più arrabbiati non si schiodano: la vorrebbero migliore.

Il 5 dicembre, il sindaco Virginio Merola ha consegnato a Franco Grillini il Nettuno d’Oro. Credo sia la prima volta che un Comune italiano assegni un riconoscimento tanto importante a un attivista del movimento LGBT+. Premiando Franco, Bologna ha riconosciuto a sé stessa un’identità plurale: si è autopremiata.

Anni fa, un burlone stampò una cartolina dove alla statua del Giambologna, preoccupata dalla comparsa dei busoni, venivano messe mutande di ferro sulle belle chiappone. Ora – la vita è piena di sorprese! – il Gigante sta a casa di Franco che, commosso, ha dedicato quel premio a tutte le persone LGBT+, alcune non sono più con noi, che si sono battute per una libertà che è di ognuna e di tutte.

Perché quel riconoscimento non ci sarebbe stato se Bologna negli anni non si fosse arricchita di tante espressioni, a volte tra loro conflittuali, del movimento di liberazione; se tante e tanti giovani attivisti non avessero riempito la scena e rinnovato linguaggi, riflessioni, impegno, modalità espressive. Senza di loro, le lotte iniziate oltre 40 anni fa ora sarebbero ricordo, non memoria.

pubblicato sul numero 41 della Falla, gennaio 2019