Prosegue la rassegna dedicata alla danza di Gender Bender 2016. Ad andare in scena, all’Arena del Sole di Bologna, è Anecksander di Alexander Vantournhout e Bauke Lievens, stupefacente spettacolo che porta al limite le potenzialità espressive e le estensioni del corpo in continue metamorfosi di forma e di senso.

Nasce da un gioco, da uno scherzo, Aneckxander, la pièce scritta da Bauke Lievens e interpretata da Alexander Vantournhout, quando un amico fa notare a quest’ultimo che ha “il collo troppo lungo” e inizia a storpiarne il nome chiamandolo, appunto, “Aneckxander”. Alexander prende a osservare il suo corpo – che a noi pare onestamente di una bellezza tanto sterminata quanto commovente – e si accorge che presenta alcuni aspetti disarmonici.

Dalla riflessione sulle sue sproporzioni e sulla percezione convenzionale dei corpi, prende dunque lo spunto per raccontare quella che ama definire come “la tragica autobiografia del corpo”. La narrazione, di cui il corpo nudo del performer è soggetto e oggetto al tempo stesso, slitta sin da subito ben oltre il piano strettamente personale e coinvolge il pubblico in un viaggio di esplorazione di forme e figure stratificate nell’immaginario collettivo. Si tratta di figure, di “esercizi” come sussurra una signora in sala, nel senso più nobile del termine, ovvero lavoro, pratica, perizia, esperienza. Fatica. Alexander prova e mette alla prova il corpo, sottoponendolo con una maestria impeccabile a tensioni, torsioni, avvitamenti, acrobazie in cui si cimenta fino a che gli si spezza il respiro. Lo prova perché lo sonda, lo analizza minuziosamente in ogni componente quasi verificando con costanza fin dove la vertebra, la scapola o la clavicola possano ruotare o sporgersi, quali aspetti possano assumere le ossa di fronte allo sguardo dell’altro.

Ma si tratta anche di forme, di una metamorfosi continua – “quasi cellulare” afferma un’altra signora al termine dello spettacolo – in una infinita successione di immagini che richiamano la cultura medievale dei bestiari, la pittura fiamminga e i capolavori di Joel Peter Witkin, le “estetiche del brutto” e del “mostruoso”, la ritrattistica dal cinque-seicento fino alla contemporaneità, quando Alexander indossa guanti da pugile e scarpe con piattaforme. Si incontra il corpo di Alexander quasi in un intimo tête-à-tête – il suo sguardo rivolto spesso ai presenti in sala, il sorriso che si collega empaticamente allo spettatore – e si incontrano pluralità di corpi, umani e non. Quasi senza accorgercene ci ritroviamo di fronte ad un quadrupede, poi un paio di arti scompaiono magicamente, poi ancora ce ne sono tre o nessuno, la testa sporge, il torace si infossa, la lingua si protende all’esterno, mani e piedi si sovrappongono e ci ritroviamo in una realtà bidimensionale dove il corpo non ha spessore o è ripiegato come un lenzuolo.

L’apoteosi della meraviglia, dello spettacolo. Il background artistico e formativo di Alexander Vantournhout è caratteristico del circo, le tecniche sono quelle dei contorsionisti, degli acrobati, dei trasformisti à la Brachetti. Ed è questo uno degli aspetti più coinvolgenti della pièce, la capacità di accogliere in un’unica complessità elementi derivanti da quelle che ancora sono tristemente considerate “culture basse” o “popolari” per declinarle in teatro: alto, struggente, avvincente. Aneckxander è dunque non solo l’autobiografia del corpo di Vantournhout, è l’autobiografia di tutti i nostri corpi, del corpo collettivo che egli incarna nel divenire continuo, cadenzato dal motivo melanconico di Arvo Pärt a ogni variazione. Aneckxander è in ultima analisi un distillato queer – e mai termine è parso più opportuno – in cui l’autodeterminazione si raggiunge sfidando l’impedimento, l’intralcio, il blocco, e la liberazione del corpo desiderante è possibile solo mediante il superamento della convenzione e delle sue imposizioni. Un lavoro che pare interminabile, mai iniziato e mai finito, al punto che comincia a luci accese e continua quando si spengono, e poi prosegue una volta riaccese, dopo gli applausi scroscianti, mentre alcuni spettatori hanno iniziato a lasciare la sala e altri rimangono nell’immobilità, completamente rapiti e incollati alle poltrone. Esattamente come la vita.

Aneckxander sarà replicato – insieme a Object sabato 5 novembre alle ore 19, al Teatro Arena del Sole (via Indipendenza, 44 – Bologna). Ingresso 15 €; ridotti: 12 € (GB Card, Socio COOP, abbonati Arena del Sole), 8 € (studenti UNIBO con badge personale).

 

Per saperne di più

Trailer di Aneckxander

Il programma di oggi 5 Novembre a Gender Bender

Il programma di danza di Gender Bender

Il programma completo di Gender Bender 2016