E se la creazione della coreografia fosse essa stessa la coreografia? Nello spettacolo We Are Present di Fabio Liberti e nelle comunità danzanti di Performing Gender si pratica la creazione partecipata tra corpi danzanti e corpi coreografanti durante spettacoli e pratiche.
Andiamo con ordine: questa riflessione parte dallo spettacolo-studio di coreografia We Are Present di Fabio Liberti, premiato coreografo di origini italiane con base in Danimarca, che è stato presentato a settembre a Bologna durante la 20esima edizione del festival internazionale Gender Bender. Con la partecipazione del pubblico e deə performer Jernej Bizjak e Arina Trostyanetskaya, lo spettacolo è stata la co-creazione di una coreografia per raccontare chi era in quel momento presente in sala.

ph. Cristoffer Brekne

È proprio partendo dalla catena di parole costruita dal pubblico nel brainstorming iniziale che Fabio, Jernej, Arina e anche alcunə coraggiosə spettatorə hanno danzato uno spettacolo che raccontasse il qui e ora di quei 90 minuti. Durante le fasi di costruzione della performance, il coreografo ha coinvolto i corpi sulle sedie nella creazione che i corpi al centro della scena portavano avanti, usando la creatività di tutte le persone presenti come bagaglio di partenza.

Sempre centrale, sin dal brainstorming iniziale, l’aspetto corporeo:  una parola su tre, infatti, era il nome di una parte del corpo. Questa centralità del corpo è tipica della danza contemporanea, nella quale da Forsythe in poi si trova il concetto di body knowledge, che indica la conoscenza derivante dall’incorporazione di informazioni nel tracciato corpo-mente, che si fa a sua volta strumento per esplorare lo spazio e il tempo e manipolarli nel concreto, superando gli aspetti intangibili di queste dimensioni.

ph. Anna Kushnirenko

La conoscenza muscolare inconsapevole ha permesso aə performer di riconoscere nei gesti nati dal brainstorming dei significati emotivi, e di trasformarli in un lessico versatile la cui potenzialità è poi esplosa nel momento di improvvisazione. Ne è emersa una lunga conversazione tra ə performer che nelle parole scelte dal pubblico trovavano basi e limiti delle proprie possibilità espressive.
I corpi seduti, poi, oltre a partecipare alle scelte coreografiche mentre avvenivano sul palco, le hanno in un certo senso vissute e sentite. Durante lo spettacolo anche lə spettatorə sentivano chiamato in causa il proprio movimento, come se stessero danzando a loro volta, proprio grazie alla body knowledge, che riattivava quei circuiti corpo-mente in modo da farlə sentire partecipi.

ph. Elisa D’Errico

Una pratica simile di creazione giocosa è stata centrale nei due workshop di danza con i dance maker del progetto Performing Gender – Dancing in Your Shoes nelle giornate del festival. Ripartito nel 2020 per la sua terza edizione e presentato durante il festival Gender Bender 2021, questo progetto europeo coinvolge 8 nazioni e per il momento nelle varie città che lo ospitano si è soltanto svolta la parte di formazione e pratica delle comunità danzanti.
Per chi ha partecipato a questa prima fase, quindi, l’inizio di Gender Bender è stato atteso anche un po’ come un’occasione per rivedersi, e per vedere per la prima volta le altre comunità d’Europa. È stata l’occasione per tornare a praticare insieme, questa volta senza mascherine, e anche per scoprire modi nuovi di farlo. Con la guida deə dance maker partecipanti e con una buona dose di improvvisazione abbiamo sperimentato con la voce e i movimenti, da solə e in gruppo, applicando la conoscenza accumulata dai nostri corpi nei mesi di pratiche passate per manipolare l’aria e gli spazi intorno a noi con dolcezza e ascolto.