Il 24 Settembre 2017, Alice Weidel, leader del partito neonazista, omofobo e razzista di estrema destra Alternativa per la Germania, ha ottenuto il 12,6 % dei voti nelle elezioni federali. Lesbica, sposata e madre di due bambini, in un’intervista ha dichiarato: “Non sono qui nonostante la mia omosessualità, ma anche per la mia omosessualità”.

C’è chi non si sorprenderà; c’è chi, invece, potrebbe indignarsi al solo pensiero, ma sta di fatto che esistono persone LGBT+ che si tingono di colori politici promotori di odio nei confronti della propria o di altre comunità. I dati odierni in merito (per non evocare quelli del risorto “vizio tedesco” che vedeva nei rapporti omoerotici uno dei poteri del nascente Terzo Reich), sembrano mostrarci la diffusione di questa tendenza in diverse nazioni. Il 7 Maggio dello scorso anno, ad esempio, nel secondo turno delle elezioni presidenziali francesi, il partito di estrema destra capeggiato da Marine Le Pen Fronte Nazionale (FN), ha conquistato il 33,9% dei voti. È bene ricordare che stando ai sondaggi condotti dal Centre de recherches politiques de Sciences Po, nelle elezioni regionali del 2015, il 38,6% di gay e il 26% di lesbiche votarono FN. Ancor prima c’era stato il caso di Pim Fortuyn che nel 2002, qualche mese prima della sua morte, fondò un partito nazionalista in Olanda, ottenendo il 17% dei voti nelle elezioni dello stesso anno. Della situazione italiana invece sappiamo solo che l’elettorato LGBT+rappresenta il 6% degli aventi diritto di voto e che Fratelli D’Italia di Giorgia Meloni – che neanche a un mese dal voto si è nuovamente lasciata scappare qualche esternazione omofoba – è risultato il partito con l’elettorato più gay-friendly (con il 67,7%) nei sondaggi di Gay Center. Se il quadro, certamente incompleto, non rappresenta (per fortuna) la norma, è possibile rintracciare dei comuni denominatori nei programmi dei partiti di destra che sembrano piacere agli elettori LGBT+: l’islamofobia e la lotta all’immigrazione.

Nel primo caso, come sottolineato da Didier Lestrade nel libro Pourquoi les gays sont passés à droite e da Jasbin Puar in Terrorist Assemblages: Homonationalism in Queer Times le ragioni sono rintracciabili nelle violente propagande che i vari schieramenti di destra, dal 2001 (con l’attentato delle Torri Gemelle) a oggi, hanno perpetrato per diffondere il messaggio che vede i musulmani come bombaroli pericolosi per la patria prima e per le persone gay, lesbiche o trans poi. Questo pensiero islamofobico, che non ha mancato di cristillizzarsi in maître del pensiero LGBT+ omonazionalista, si è negli anni affiancato alla questione molto attuale dell’immigrazione, manipolata e riproposta come principale causa di povertà. Stando ai dati Istat del 2016 una percentuale compresa tra il 20,6 e il 30 degli italiani è in una situazione di esclusione sociale. Non sarà difficile ricordare tutte le volte che parlando di immigrazione e povertà ci sono state riproposte le false litanie: “Vivono a nostre spese”, “Vanno in giro con l’Iphone”, “Ci rubano il lavoro” e via dicendo. Questo dove ci porta?

Spesso, parlando di tematiche LGBT+, dimentichiamo o accantoniamo l’importanza che possono giocare questioni come la sicurezza personale o la stabilità economica

Non suona strano supporre, dunque, che negli ultimi anni con il conseguimento di alcune (seppur mutilate) leggi per la nostra comunità, questo abbia portato a reindirizzare gli interessi di alcuni verso programmi politici finora considerati lontani dalle nostre istanze.

Viene, però, da porsi una domanda: cosa ci rende diversi dagli omofobi se poi appoggiamo partiti politici che discriminano altri soggetti oppressi?

Nel mese in cui ci prepariamo a sfilare per le strade, tutte favolose – è bene ricordarne l’importanza –, colorate, affamate di diritti, resistenti alle violenze di ogni giorno della società patriarcale, possiamo forse ricordarci, che tra le virtù intrinseche del nostro movimento ci sono sempre la rivendicazione dei diritti per tutte e tutti e la lotta a qualsiasi forma di discriminazione? Vogliamo, davvero, chiuderci nel nostro piccolo orticello? Attenzione, perché i carri potrebbero far fatica nel passare attraverso uno spazio così stretto.

pubblicato nel numero 36 della Falla – giugno 2018