Gender Bender 2016 presenta la delirante pellicola Lonely Stars (Estrellas solitarias) di Fernando Urdapilleta, prodotta da Henner Hofmann e Karla Bukantz, vincitrice di diversi premi della cinematografia messicana quali: Ulises Carrion Award for Best Film; Most Successful Film at Tur de Cine Mexicano

Grottesca, surreale, dissacrante: queste le parole chiave della pellicola di Fernando Urdapilleta che, con toni da soap opera, mette in scena una serie di travestite all’Almodovar in un Messico dalle tinte noir. Tutto comincia con un ragazzino che corre, nella polvere di una strada sconnessa, per riuscire a sbirciare con occhi sognanti un’amica che si prepara per la sua quinceañera: peccato mortale per il padre, che lo picchia additandolo come frocio e lo trascina in una radura per un esorcismo tanto assurdo da scivolare nel trash.

Da qui la fuga, gli anni passati, e Joana che non è più quel bambino ma una travestita che lotta con gli spettri del passato in una città decadente e senza nome, risparmiando ogni centesimo per realizzare quella festa che le fu negata, in adolescenza. Sua amica e coinquilina è Valentina, una pazza alcolizzata dal pugno facile che insegue il sogno di diventare una stella del pop calcando il palco di un locale di drag queen gestito dallo strano e germofobo Muñeco. A rompere il labile equilibrio della situazione è l’arrivo di Madonna, nuova amante del boss, introdotta al termine di una scena che richiama per iconografia l’ultima cena di Leonardo: con lei infatti Valentina dovrà dividere il palco. La sua rabbia, tuttavia, viene mitigata da una voce confortante che funge da guida verso il suo sogno: l’allucinazione del tutto sopra le righe della sua diva di riferimento, che la conduce, spietata, verso il successo. Due amiche disposte a tutto per ottenere quello che desiderano in un mondo che oltre a non offrire possibilità di riscatto sembra condurre le protagoniste verso le strade più sbagliate. Le storie del passato si svelano, mano a mano che i minuti passano, con flashback introdotti da momenti di forte rammarico e inquadrature fisse sui volti sconvolti dei protagonisti dallo sguardo perso, quasi a sottolineare il peso di un passato ineludibile.

Così sono gli incubi di Joana, che la costringono a bruschi risvegli nell’incontinenza, e i dialoghi assurdi di Valentina con la sua allucinazione, che la portano ad esplosioni di rabbia e sconforto, ma anche gli atti di violenza del quasi mafioso Muñeco, vittima di un’atroce tragedia famigliare. I continui parallelismi religiosi ricordano le tinte della mala educaciòn anche se più che una ricerca di redenzione, i personaggi di questa storia sembrano perseguire una vendetta nei confronti del mondo e del loro passato, vendetta che fungerà da atto di autodeterminazione verso la libertà. Il quadro che emerge, arricchito da scene al rallentatore, interpretazioni caricaturali e dialoghi alle volte surreali, è forse quello di un invito a non arrendersi mai e a perseguire i propri obiettivi, senza però tralasciare il motore che supporta e spinge questa corsa: l’amicizia. La classica “luce alla fine del tunnel” illumina l’ultima scena di questa epopea punktrash, lasciando spazio ad un’inattesa, e forse anche un po’ gratuita, parentesi d’amore. Unica, tragica, nota di demerito: non ho visto l’ombra di un margarita!

 

Per saperne di più

Trailer ufficiale del film

Il programma di cinema di Gender Bender 2016

Il programma completo di Gender Bender 2016

Il sito ufficiale di Gender Bender