La rassegna cinematografica di Gender Bender 2016 ospita la prima nazionale di Check It, di Dana Flor e Toby Oppenheimer, straordinario documento sull’unica street gang composta da afroamericani LGBTQ. Il documentario sarà replicato il 5 novembre al Cinema Lumière di Bologna.

L’eterosessualità si addice alla gang, così da decenni ci hanno abituato a pensare la cronaca e i film. L’idea che rossetti, eyeliner, tacchi e lustrini possano essere associati ad armi da fuoco, coltelli e tirapugni non ci ha mai sfiorati. Check It, di Dana Flor e Toby Oppenheimer, infrange questo luogo comune e si impone con forza come un documentario unico, perché unica è la realtà che fotografa: quella di una gang composta esclusivamente da gay e transgender afroamericani creatasi per le strade di Washington, D.C., a partire dal 2009.

Un fenomeno dunque relativamente recente, nato dal bisogno di reagire a situazioni estreme di violenza omofobica, abbandono ed emarginazione il cui impatto devastante – attraverso il racconto dei giovani protagonisti, ma anche attraverso la crudezza delle immagini – non viene risparmiato agli spettatori e costituisce un onnipresente rumore di fondo anche nei momenti più quotidiani e divertenti. A pochi passi dalla Casa Bianca, all’ombra delle istituzioni e dei centri di potere, accanto ad una realtà che si immagina ordinatissima e linda, si apre uno scenario urbano segnato dal degrado e dalla violenza, ma attraversato anche da una fortissima volontà di reagire e sopravvivere: Day Day, Trey, Star, Alton, Skittles e gli altri membri di Check It sono accomunati da un passato fatto di famiglie assenti, madri tossicodipendenti, padri incapaci di accettarli ed amarli, che li ha portati inevitabilmente a crescere in strada e a trovare conforto e protezione in un gruppo animato dall’istinto primordiale che obbliga la preda a trasformarsi in predatore, per poter in qualche modo andare avanti. Senza alcuna concessione a lirismi o pietismi, l’occhio della cinepresa viviseziona la loro esistenza in modo quasi chirurgico, fruga nella loro infanzia priva di affetti, e fotografa un presente vissuto giorno per giorno con la consapevolezza che il tempo passa e che la forma fisica, indispensabile per affrontare una realtà così spietata, non può durare per sempre. Eppure è proprio da questo realismo e da questa obiettività che emerge prepotentemente la poesia, quasi fossimo in un film di Rossellini, di Pasolini, di Visconti. Al punto che diventa difficile trattenere la commozione davanti alla bellezza fuori dai canoni – fisica e non solo – che scaturisce dall’orgoglio e dalla forza interiore di persone costrette a misurarsi con l’emarginazione potenziata, che deriva dall’essere di colore e, in aggiunta, persone LGBT+.  Seguendo un ritmo incessante e serrato che non lascia tregua, il documentario solleva però continuamente anche questioni di riscatto e rivalsa sociale: la gang nasce per reagire all’intolleranza e alle aggressioni omofobiche, e quindi a differenza di altri gruppi di questo tipo ha quasi un crisma morale che ne giustifica l’esistenza, ma vive a sua volta di violenza e sembra cristallizzata in un circuito chiuso impossibile da spezzare.

Le istituzioni forniscono un aiuto che si traduce in un numero di telefono disattivato, e il loro silenzio è emblematico, di quanto sia impossibile uscire da una situazione drammatica se le opportunità per farlo non solo vengono negate, ma neppure presentate. In questo quadro verghiano e immobile i tentativi di alcuni membri di Check It di trovare scampo e futuro nel campo della moda o della boxe – tentativi che, tra misurati successi e umanissime rinunce, si alternano alla vita di strada fatta di botte, urla, litigi, aggressioni, risate, shopping e prostituzione – possono apparire a prima vista patetici, eppure è proprio questo contesto di partenza così inesorabile a dare la misura dell’enorme forza di volontà che anima i protagonisti del documentario. Check It è, senza mezzi termini, un pugno nello stomaco. Al di là della strafottenza e dell’aggressività da un lato, e dei lustrini e delle battute taglienti dall’altro, trova il suo punto di forza in un’umanità commovente e piena di bellezza. Può essere scioccante scendere negli inferi colorati di Check It, ma bastano gli sguardi di Trey e Day Day a New York che seguono stupefatti una coppia gay di stilosissimi neri di mezz’età a far sfumare violenza ed assenza di speranze in una prospettiva di riscatto e positività.

Il documentario sarà replicato sabato 5 novembre, alle ore 18, presso il Cinema Lumière (piazzetta P. P. Pasolini, 1) – ingresso intero: 7€, ingresso ridotto: 4€ (GB Card, soci Coop, Amici della Cineteca).

 

Per saperne di più

Trailer ufficiale del film

Il programma di cinema di Gender Bender 2016

Il programma completo di Gender Bender 2016

Il sito ufficiale di Gender Bender