Genere: Documentario

Durata: 92min

Regia di Jean Carlomusto

Audio: Inglese con sottotitoli in Italiano

Esther Newton made me gay verrà presentato per la prima volta in Italia sabato 24 settembre al Some Prefer Cake – Bologna Lesbian film festival, alle 17.00, nella Sala Scalo del Nuovo Cinema Nosadella. Dopo la proiezione, per l’occasione, si terrà l’incontro con la regista Jean Carlomusto, la produttrice Shanti Avirgan e la protagonista Esther Newton.

«Sono contenta che le nuove generazioni non sprechino più tanto tempo per cercare di essere qualcosa che non sono», dice Esther Newton, pioniera nei queer studies.

Nel documentario l’antropologa americana racconta la sua vita regalandoci un’etnografia personale. All’inizio della pellicola spiega come sono rappresentate le parentele in antropologia: disegna il classico schema familiare, dove uomini e donne sono indicati con triangoli e cerchi. Traccia poi un quadrato: se dovesse rappresentarsi, sceglierebbe per sé quel segno, un simbolo di frattura, di non appartenenza.

I suoi lavori, che si sono fatti strada nel mondo accademico come «un farmaco a lento rilascio», sono capisaldi della letteratura LGBTQ+ contemporanea e hanno segnato un punto di svolta non solo negli studi della comunità, ma anche nell’applicazione del metodo antropologico. È proprio attraverso un’antropologia di se stessa che Newton ci accompagna in questo documentario. Una biografia intima, che attraversa la sua storia familiare, la vita accademica, le sue relazioni. Una narrazione incorniciata nella passione per il suo sport, l’Agility dog: ereditata dalla famiglia diventa simbolo di tenacia e perseveranza che fa da filo conduttore al documentario.

Esther si è definita un fallimento come ragazza, vissuto in adolescenza nello sforzo di interpretare un ruolo che non era il suo. Con la parola fallimento sancisce la distruzione delle categorie di genere, la decostruzione di canoni che valutano l’aderenza a un’ideale imposto. Descrive il riconoscimento della sua identità butch e di come rivendicarne l’appartenenza abbia rivoluzionato la sua capacità di abitare il mondo e se stessa.

Newton racconta il rapporto con la famiglia, rivive gli anni dell’università e con tono analitico ma spiritoso la scoperta del suo orientamento sessuale. La difficoltà di conciliare ciò che doveva rappresentare con quello che esprimeva. Racconta le sue relazioni, l’influenza delle diverse compagne nell’aiutarla a incontrare la sua identità, a capire cosa significhi essere butch e soprattutto a rivendicarlo. Parla di come ogni esperienza nella sua vita l’abbia portata a cercarsi, conoscersi e capirsi, dopo aver dovuto provare a mascherarsi.

Occupa tanto spazio la necessità di nascondersi, rallenta l’esistenza. Brillante e preparata, viene spesso respinta nel mondo accademico e non riesce a pubblicare. Oscilla fra fidanzamenti con ragazzi lontani e l’entusiasmo delle estati, tempo di esplorazione dei bar della comunità, che diventano poi il suo campo d’indagine. La svolta arriva con la tesi di dottorato: uno studio etnografico sulle persone LGBTQ+. Le drag queen, il femminismo, il fermento degli anni Sessanta sono stati le strade, e gli strumenti, attraverso cui Newton si è riconosciuta e dove ha deciso di lavorare.

«Il personale è politico»: Newton ripercorre con noi la sua biografia, in uno studio sul campo che è la sua vita privata e insieme accademica. Un documentario dinamico, che offre video, immagini, testimonianze dalla viva voce di chi ha vissuto Newton in prima persona. L’antropologa si racconta e insieme racconta il suo tempo, con voce calda, ironica e coinvolgente.