Dopo l’adesione al governo di stampo europeista capitanato da Draghi, Salvini aveva bisogno di aggiustare il tiro. L’elettorato leghista andava rassicurato sul piano identitario. Per correre ai ripari è stato sufficiente volare a Budapest per un incontro con Orbán e Morawiecki (il primo ministro polacco) e intestarsi la volontà di creare un «nuovo rinascimento sovranista».

Per ora si rimanda a maggio qualsiasi decisione, ma dovrebbe preoccupare la possibilità che il leader del Carroccio cavalchi la crisi di potere provocata dalla fuoriuscita del Fidesz (il partito di Orbán) dal Ppe. Le meccaniche parlamentari europee rendono necessaria l’adesione a un gruppo e qui si apre lo spiraglio per un nuovo polo di destra reazionaria. Gli ostacoli non sono pochi, e in testa è da valutare lo scontro che potrebbe scatenarsi con l’attuale Partito (e gruppo) dei conservatori europei (in cui milita Morawiecki) presieduto da Giorgia Meloni. Parliamo sì di forze di minoranza, ma in crescita inquietante, ed è poi quella minoranza che ha votato, per dirne una, contro la risoluzione europea recentemente dibattuta per dichiarare l’Ue «zona di libertà Lgbtiq». 

La luce in fondo al tunnel della pandemia non dovrebbe distrarci da un probabile effetto Doppler: se da un lato la maggioranza dell’opinione pubblica registrata dai sondaggi si è mostrata vicina alle scelte di governo, dall’altro passata l’emergenza sanitaria ci si troverà a fare i conti con quella economica

Senza scomodare Dylan Matthews, che nel 2018 fece scalpore con un’analisi che metteva in luce come le politiche di austerity favorirono l’ascesa del regime nazista, non è difficile immaginare che la probabile crisi occupazionale avrà un impatto nell’ascesa delle opposizioni e in particolare di quelle forze politiche che giocano sulla vendita rassicurante di un pacchetto identitario. Il rischio di un’ondata reazionaria estesa, già in crescita prima dell’avvento del Covid, è più che tangibile: è forse inevitabile. Gli strumenti a disposizione non sono molti e, purtroppo, si sa che in momenti di crisi i diritti civili e umani sono quelli cui si abdica con più facilità in nome di temi più urgenti: per chi non fa parte di una minoranza oppressa, ovviamente. 

Immagine da linkiesta.it