Due giorni prima dell’inaugurazione del Cassero, nel 1982, l’allora sindaco di Bologna, Renato Zangheri, ricevette un messaggio dal cardinale Antonio Poma, al tempo arcivescovo della città: in quella missiva il porporato esprimeva la sua più “profonda amarezza” per la destinazione di quell’edificio alla comunità LGBT+, denunciando lo “scippo” della storica fermata della Madonna di San Luca nella sua annuale discesa in città. L’amministrazione comunale fece alcuni tentativi di proporre alla comunità omosessuale un’altra sede, ma dinanzi alla loro testardaggine dovette portare a termine quella promessa e rivendicare la scelta di assegnare quello spazio all’allora Circolo 28 giugno. Così Bologna scrisse una delle più importanti pagine della storia del movimento LGBT+ italiano. Ma assieme alla storia, da quel momento si inaugurò anche un altro racconto, molto meno nobile, in cui si sono accumulati negli anni tutti i tentativi della Curia e dei suoi emissari di rimettere in discussione l’assegnazione di uno spazio pubblico a gay, lesbiche e trans. Un’antologia decisamente ripetitiva, vivacizzata di tanto in tanto dalle beffarde reazioni degli abitanti del Cassero. La prima fu proprio in occasione di quell’inaugurazione, celebrata da un corteo che da piazza Maggiore giunse fino a Porta Saragozza. Lì si tenne lo spettacolo di Ciro Cascina, che, per l’occasione, anziché dedicarlo come sempre alla Madonna di Pompei, scelse di intitolarlo alla beata Vergine di San Luca.
Da allora, e per tutto il tempo di permanenza dell’associazione omosessuale in porta Saragozza, la processione dell’icona sacra per protesta smise di effettuare la tradizionale sosta nei pressi della Porta, trasgredendo una tradizione che durava da decenni.
Sempre in quel periodo, in occasione della decennale eucaristica, gli attivisti e le attiviste del Cassero si recarono nei vari punti di arrivo in città dei pullman di pellegrini: a loro consegnarono, uno a uno, una lettera aperta. Era un sunto di ciò che il Cassero era e delle battaglie che sosteneva. La lettera si chiudeva con un messaggio di benvenuto. Le reazioni furono nel migliore dei casi ostili, nel peggiore violente: le persone venute in città per pregare, reagirono a quella lettera in modo assolutamente prevenuto, nessun dialogo era possibile. Altre saette porporate giunsero nel 1995 dalle colonne di Avvenire in occasione del Pride nazionale, convocato proprio a Bologna. Biffi, perciò, diventò protagonista degli slogan di quella manifestazione, tra “Biffi, ci fai un baffo” e “Chi non salta cardinale è, è”.
Pochi anni dopo, precisamente nel 2002, arrivò lo storico trasloco: il Cassero lasciò la sede di Porta Saragozza e si stabilì alla Salara. La comunità casserina insomma restituì la “sacra porta”, inviando una lettera all’arcivescovo: “Quel luogo – vi si leggeva – da cui, per tradizione, ha origine il cammino della processione della Madonna di San Luca torna così a quella funzione da cui la curia da lei oggi guidata aveva ritenuto di sospenderlo per vent’anni. Oggi al Cassero rimane una storia intessuta di solidarietà, di libertà, di amore. Siamo certi che la Madonna di San Luca sarà contenta anche per questo di essere affrancata dal suo esilio coatto e di rivolgere un sorriso al Cassero. Siamo certi che il Cassero risponderà a quel sorriso”. Curiosità: dopo quel trasferimento, l’edificio di Porta Saragozza fu ristrutturato e destinato a Museo della Beata Vergine di San Luca, come le opposizioni richiedevano già dal 1982. La sede espositiva fu inaugurata nel 2005 e da allora riceve contributi pubblici costanti, oltre a utilizzare personale comunale. Lo stesso report del Comune di Bologna piazza quella sede all’ultimo posto nella classifica dei musei che ne descrive il flusso di visitatori: solo 1,5 visitatore all’ora, un dato che tiene conto anche del pubblico dei rari cicli di conferenze organizzati all’interno della struttura.
Nel 2013, quando il festival Gender Bender inaugurò il suo cartellone di spettacoli per l’infanzia al Teatro Testoni con uno spettacolo di Emma Dante, fu Manif pour Tous a scendere in campo, con una squallida manifestazione davanti all’arena, con tanto di palloncini per carpire la benevolenza dei bambini.
Quella volta, come tutte le altre volte, assieme agli integralisti cattolici si schierarono i miliziani di Forza Nuova. E ancora oggi la storia si ripete.
pubblicato sul numero 4 della Falla – aprile 2015
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