di Giuseppe Seminario
Si è tanto dibattuto in queste settimane del referendum costituzionale che ha chiesto alle persone che hanno diritto di voto in Italia – che non necessariamente coincidono con chi in Italia chiede rappresentanza – di esprimersi sul taglio de* parlamentari.
La consultazione popolare ha decretato la vittoria schiacciante del sì.
Sono stati gli stessi giorni in cui si sono succeduti due fatti di cronaca nera che hanno scosso l’opinione pubblica: l’omicidio di Willy Monteiro per mano di un manipolo di uomini violenti e quello di Maria Paola Gaglione, uccisa dal fratello. Due delitti che hanno in comune la matrice discriminatoria legata nel primo caso al colore della pelle e alle origini, nel secondo caso alla relazione che la vittima aveva con Ciro, ragazzo trans*.
Razzismo, transfobia, misoginia; l’odio verso le persone che non rientrano nella norma etero-colonialista-patriarcale è il minimo comun denominatore di questi due efferati omicidi, il loro movente.
Tra poche settimane inizierà la discussione parlamentare sulla legge contro l’omolesbobitransfobia e la misoginia, che ha l’obiettivo di introdurre tra le aggravanti della legge Mancino-Reale quelle legate all’identità sessuale.
Nessuno di questi tre eventi è slegato, anzi, ci troviamo di fronte a un fulgido esempio di intersezionalità delle lotte e di necessità di rappresentanza: se abbiamo ridotto le persone che siedono in Parlamento e che sono chiamate a rappresentarci, quante probabilità ci sono che persone come Willy, Maria Paola e Ciro in futuro vengano rappresentate e tutelate? Quanto ancora dovremo essere bersaglio di soprusi, ingiustizie e violenze prima che il sistema democratico dia realmente voce a chi vive in questo Paese?
Pubblicato sul numero 58 della Falla, ottobre 2020
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