«25 anni di lotta con classe», recitava lo slogan scelto nel 2007 per celebrare l’anniversario della nascita del Cassero. Nel 2022, per i quarant’anni dell’associazione LGBTQI+ che per prima in Italia ricevette una sede da un’amministrazione pubblica, potremmo aggiornare il claim in “40 anni di lotta di classe”. 

In un momento storico in cui le diseguaglianze aumentano e la pandemia di Covid non ci lascia tregua, è dalla classe o, per meglio dire, dall’intersezione tra questa e gli altri assi di discriminazione che dovremmo ripartire per continuare a immaginare un futuro equo e che non lasci indietro nessunǝ

Come ci ricorda Beppe Ramina in Ha più diritti Sodoma di Marx?, la storia del Cassero affonda le sue radici nei moti del ‘77 di cui Bologna fu snodo nevralgico e durante il quale «parte del movimento leggeva la propria oppressione all’interno del conflitto tra le classi, ma si distaccava dalla tradizione del movimento operaio arricchendola di nuova soggettività».

Nuova soggettività che trovò alleanze trasversali, partendo dai movimenti femministi dentro e fuori i partiti per arrivare a quella con tutta la città, rivelatesi necessarie per ottenere la storica sede di Porta Saragozza e superare le ostilità delle destre e del mondo cattolico.  

Arrivando al recente passato, il 2021 è stato un anno doloroso per la comunità LGBTIQA+ italiana, visto l’affossamento del ddl Zan, ma è stata tuttavia capace di far sentire la propria voce e la propria rabbia nelle manifestazioni della primavera e dell’autunno, attraverso i Pride, e infine organizzando gli Stati Genderali LGBTQIA+ e Disability. 

La due giorni romana ha portato centinaia di attivistə a confrontarsi dopo tanti anni su questioni identitarie e materiali, tra cui il lavoro e l’autodeterminazione di genere.

Siamo tornatə a sfatare il falso mito che diritti civili e sociali non possano viaggiare di pari passo, rilanciando la necessità di proseguire alleanze già in essere – come quella con Non Una di Meno – e di esplorarne altre in maniera più sistematica, come quella con i sindacati. Una riflessione necessaria in una società in cui nemmeno la pandemia ha scalfito il mantra capitalista «lavora, produci, crepa» che si è abbattuto ancora di più sui soggetti già marginalizzati dall’eterocispatriarcato, donne, migranti, persone LGBTQIA+ e con disabilità. 

E allora, cosa augurarsi da questo 2022 che lancia il Cassero verso la quinta decade di vita? 

Che la storia prosegua, non dimenticando da dove arriviamo e guardando al futuro con uno sguardo intersezionale e collettivo, senza paura dei conflitti. Perché anche questi li sapremo attraversare con classe.

Immagine 1 da culturability.org