È stata la pellicola Blue Jean ad aggiudicarsi il premio di miglior film della 18esima edizione di Immaginaria – 18th International film festival of lesbian & other rebellious women. 

Una quattro giorni intensa, ricca di stand-up comedy, presentazioni, spettacoli musicali, ma anche e soprattutto di lungometraggi, corti e documentari che hanno tenuto le spettatrici incollate alle poltrone del Nuovo cinema Aquila del Pigneto, Roma, con le due sale che hanno registrato quasi sempre il tutto esaurito. 

I premi

Come detto, la giuria presieduta dalla regista Cinzia Th Torrini, Federica Fabbiani e Tiziana Triana ha deciso di premiare il film Blue Jean di Georgia Oakley (2022), storia dedicata all’accettazione di sé e al coming out liberatorio in epoca tatcheriana

Ecco le motivazioni del premio: «Opera prima della regista Georgia Oakley, Blue Jean restituisce con efficacia il clima di oppressione sociale e omofobia sistemica dell’Inghilterra thatcheriana. Ottima prova attoriale della protagonista Rosy McEwen e bella rappresentazione plurale delle diversità di genere, orientamento, non conformità dei corpi, età, etnia. Il film ha un buon ritmo e un montaggio efficace che ben trasmette la difficile conciliazione tra vita privata e pubblica di un’insegnante lesbica. Almeno fino al liberatorio coming out, che sempre sia lodato».

Menzione speciale anche per la pellicola Les meilleures (2021), di Marion Dessigne-Ravel: «La regista Marion Desseigne-Ravel ne Les meilleures, suo esordio alla regia, racconta con sensibilità i turbamenti interiori del desiderio lesbico di due ragazze sullo sfondo di un ambiente giovanile fortemente codificato da precise regole di comportamento. Uno sguardo mai voyeuristico e una rappresentazione della banlieue parigina non stigmatizzata sono i punti di forza del film che bene mette a fuoco quella messinscena folle e caotica che è l’adolescenza».

Ad aggiudicarsi il premio come miglior documentario Love, Barbara (2022), di Brydie O’Connor. La giuria, presieduta da Giuliana Misserville, con Susy Laude e Francesca Valtorta, ha così motivato la sua decisione: «Nel suo documentario, Brydie O’Connor riesce a restituire, pur nella brevità del racconto, tutta la complessità del rapporto trentennale tra due donne straordinarie, Florrie Burke, avvocata internazionale per i diritti civili, e Barbara Hammer, indimenticabile regista di film sperimentali sull’esperienza e la sessualità lesbica, entrati nella storia del cinema. Guardando le immagini, dopo la morte di Hammer, è come se fossimo sedute al suo tavolo di lavoro per scoprire assieme alla compagna gli appunti, le foto, la corrispondenza e i disegni che lei ha lasciato. Gestire un’eredità intellettuale è un viaggio affascinante ma anche un lavoro di rimemorazione dolorosa: Burke vi si avventura come ulteriore possibilità di continuare la relazione con l’amore della sua vita accettando un dialogo oltre la morte che, grazie alla regista, coinvolge anche noi».

Teddy (2020), di Milda Baginskaité, ha invece trionfato nella categoria cortometraggi. Ecco le motivazioni della giuria formata da Carmen Pignataro, con Anna Ammirati, Eugenia Costantini e Angelica Giusto: «La giuria dei cortometraggi assegna il premio per il miglior cortometraggio 2023 a Teddy di Milda Baginskaité per la vastità delle tematiche affrontate, quali l’immigrazione, l’accettazione di sé, la scoperta della propria identità, il bullismo. Il tutto condensato in un piccolo gioiellino di 13 minuti che ci insegna a non chiedere il permesso per essere se stessi e a rispondere alla violenza ballando. Una piccola e potente rivoluzione gentile quotidiana».

Menzione speciale per Egungun di Olive Nwosu «per l’intelligenza, la misura, la delicatezza del racconto, l’eleganza della regia e delle interpretazioni, la grande sincerità che trapela da ogni immagine e tocca inevitabilmente lo spirito dello spettatore, un dono prezioso che arriva da lontano e che non possiamo che ringraziare con questa menzione speciale».

È invece Summerland (2020), l’unico film a essere entrato nella grande distribuzione, di Jessica Swale, a vincere il premio come miglior colonna sonora. La giuria, presieduta dalla cantautrice Chiara Civello, con Nicoletta Conti e Maria Francesca Agresta, ha così motivato il premio: «La musica di Summerland  di Jessica Swale esalta i contenuti del tessuto narrativo in cui intimità, empatia e nostalgia si distribuiscono  su tre dimensioni temporali. La parte orchestrale è realizzata con archi e pianoforte e l’originalità della scelta timbrica dell’arpa diventa l’elemento fondamentale nei passaggi tra i flashback narrativi ed emotivi del vissuto di Alice».

Menzione speciale per The novice (2021), sicuramente uno dei migliori film in concorso per cinematografia e fotografia: «La musica di The Novice di Lauren Hadaway coglie perfettamente l’anima nevrotica e ossessiva del film attraverso  l’ottima scelta del compositore di alternare momenti di scrittura orchestrale a canzoni del repertorio pop, che contribuisce ad esaltare la tensione emotiva».

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Un’intervista corale

Per celebrare questo diciottesimo compleanno, l’intervista alla pentade, ovvero le cinque donne senza le quali questo festival non esisterebbe: Cristina Zanetti (co-director and executive producer); Elena Rossi (co-director), Geo Garofalo (coordinamento équipe grafica, foto, riprese), Silvia Novelli (programmer) e Simona Ortenzi (social media manager).

Che cosa rappresenta Immaginaria per te?

«Immaginaria rappresenta il mio contributo alla comunità lesbica italiana. Selezionare i film da portare al festival, in modo che il nostro pubblico possa vederli e riconoscersi nelle storie che vedono… Mi rende orgogliosa di partecipare a questo progetto».

Quest’anno si è spenta la diciottesima candelina: cosa ha in mente Immaginaria per celebrare il suo ingresso nell’età adulta?

«È appena finita la 18esima edizione che è stata straordinaria e noi ovviamente stiamo già lavorando per la 19esima, che lo sarà ancora di più. Non riveleremo i nostri progetti neppure sotto tortura, ma vi diciamo già che non potete mancare!».

Qual è lo stato della cinematografia lesbica in Italia?

«Che in Italia la cinematografia lesbica lasci a desiderare è un dato di fatto che emerge semplicemente guardando la selezione di Immaginaria: per il 99% i titoli sono stranieri e solo una piccolissima quota, per lo più di cortometraggi e/o documentari, è italiana. Questo vuoto pressoché assoluto è ben lontano dall’essere colmato e ha molteplici motivazioni, ma soprattutto è dovuto al fatto che l’Italia è un Paese che soffre di un ritardo atavico a livello culturale, etico, legale e finanziario per quanto riguarda la produzione cinematografica lesbica. Noi di Immaginaria cerchiamo di dare il nostro piccolo contributo per promuovere la produzione delle registe italiane e la diffusione delle loro opere, indicendo Donne In Corto, concorso di cortometraggi Italiani di fiction a tematica lesbica e/o femminista che vengono proiettati al festival».

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Lo slogan di quest’anno è «Stay together». Come nasce questa scelta?

«Ci siamo accorte che i film selezionati a Immaginaria in qualche modo parlano fra loro. Vi faccio qualche esempio. Abbiamo visto il documentario Loving Highsmith, di Eva Vitja, un ritratto inedito di Patricia Highsmith, e poi un altro documentario, Gateways Grind di Jacquie Lawrence, che traccia la storia del Gateways, il locale lesbico più longevo del mondo, a Londra, e chi frequentava il Gateways? Patricia Highsmith. Abbiamo visto un documentario, di Valérie Urrea e Nathalie Masduraud, su Alice Guy, la prima donna regista e produttrice, quasi cancellata dalla memoria storica del cinema, e poi Dans le silence d’une mer abyssale di Juliette Klinke, giovane regista che, frequentando la scuola di cinema si è accorta che non esistevano modelli di cineaste su cui costruire una sua genealogia femminile. È andata a cercarle e ha scoperto che le donne del cinema tra fine Ottocento e primi del Novecento erano tante, fra cui proprio Alice Guy. Potrei continuare, ma il concetto è chiaro: i film parlano fra loro, tessendo trame invisibili, e questo ci ha fatto riflettere sull’importanza della rete, dei collegamenti, della comunità. Ed è questo che noi di Immaginaria abbiamo sempre voluto creare, una comunità. Perché senza la comunità il nostro festival non potrebbe esistere, non potrebbe andare avanti. Quindi, “Stay together”!».

Non solo cinema: secondo voi qual è l’importanza dei festival per creare cultura e socializzazione lesbica?

«Immaginaria non è solo cinema, ma promuove la cultura lesbica in tutte le sue forme. Ogni anno organizziamo presentazioni di libri, dibattiti intorno alle tematiche dei film, serate in cui si esibiscono musiciste, eventi teatrali, mostre d’arte… E naturalmente il festival è anche l’occasione per rivedere le amiche, incontrare nuove persone e creare anche nuovi rapporti. La socialità ha grande importanza. Per quattro giorni vivi immersa nel mondo lesbico, tanto che poi al rientro hai il jetlag!».

Immagine in evidenza: immaginariaff.it