Nello stesso giorno in cui il fondatore del suo partito – Marcello dell’Utri – viene condannato dalla Corte di Assise di Palermo per minaccia a corpo politico dello Stato nell’ambito del processo sulla trattativa Stato-Mafia, a Bologna il capogruppo di Forza Italia Marco Lisei inveisce contro la presidente Federica Mazzoni, intimandole di tacere e chiosando: “Guardate sono cintura nera eh!”.
Al di là di ogni appartenenza politica e al di fuori di ogni regolamento di commissione, rimane un dato di fatto semplice e drammatico: la violenza. Una violenza che è maschile, che è bianca, che è inorgoglita dal potere del privilegio. Lisei poteva essere violento e lo è stato. Ma c’è un aspetto in più, che aggrava un comportamento già greve di per sé: Lisei ha fatto uso della prevaricazione violenta nell’esercizio delle sue funzioni di consigliere comunale, evidentemente inconsapevole del fatto che, così facendo, è l’istituzione stessa a esserne lordata.
Se le scuse sono auspicabili, le dimissioni sono esigibili: unico modo per ripristinare quel senso di alto pudore che le istituzioni e i suoi interpreti sembrano aver smarrito.
immagine realizzata da Andrea Talevi
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