A prima vista le elezioni amministrative del 3-4 ottobre 2021 e i successivi ballottaggi ci consegnano una vittoria netta del centrosinistra soprattutto nelle grandi città capoluogo come Roma, Milano, Bologna, Torino, frutto anche dell’incapacità del centrodestra di individuare candidature unitarie realmente convincenti.
Una vittoria da scoprire nei diversi strati, come una matrioska, per evitare che si riveli nel tempo una vittoria di Pirro.
Il primo livello generale da considerare è l’astensione record, una media nazionale al primo turno del 54,69%, registrata anche in una città come Bologna dove l’affluenza è arrivata al minimo storico, il 51,18% rispetto al 59,66% delle elezioni del 2016.
È interessante notare dalle mappe del portale I numeri di Bologna che la zona della città che mantiene la più alta affluenza è quella di Corticella, in questa tornata con il 56,08% rispetto al 64,58% del 2016. Le zone dove è stata più forte la diminuzione dell’affluenza sono: Borgo Panigale, San Donato, San Ruffillo. Sono invece praticamente identiche le percentuali di affluenza al voto per genere: 51,17% donne e 51,20% uomini.
La lettura territoriale del voto ai candidati e alle candidate sindaco rivela che il neo-eletto sindaco, Matteo Lepore, ha ottenuto il più alto numero di voti, il 66,29%, a Corticella, mentre il candidato di centrodestra, Fabio Battistini, nella zona Colli con il 45,74%.
La mancata partecipazione al voto di quasi metà dell’elettorato è un campanello di allarme fortissimo che la nuova amministrazione comunale dovrà affrontare trovando nuove modalità di coinvolgimento e partecipazione che intercettino i bisogni delle persone e che alimentino processi di formazione per una rappresentanza e leadership diretta della cittadinanza, soprattutto concentrandosi su quelle persone che non appartengono a forme associative o organizzazioni politiche che hanno già visibilità nel sistema politico, sociale e culturale dell’area metropolitana.
Il secondo livello generale è l’assenza eclatante di sindache nelle grandi città, a fronte del fatto che le donne rappresentano in Italia il 51% della popolazione. Il quadro nazionale in sintesi è il seguente: nessuna sindaca eletta su 20 città capoluogo al voto, nessuna sindaca nelle 14 città metropolitane al voto, una sindaca fra i capoluoghi di regione (Ancona), 5 sindache fra i restanti capoluoghi di provincia.
Un enorme problema strutturale che non può essere spiegato solo con gli ostacoli materiali e culturali alla partecipazione delle donne alla vita politica (il disequilibrio di genere nel lavoro di cura, la disparità salariale, la precarietà lavorativa, ecc), seppure importantissimi, ma contestando i meccanismi verticali di selezione della leadership dei partiti politici, in particolare nel centrosinistra, ancora fortemente sessisti.
Per questo motivo c’è bisogno di un’alleanza più forte fra le donne dentro e fuori le istituzioni per favorire una maggior presenza e leadership femminile e femminista.
È bene sottolineare che per un cambiamento profondo e radicale non basta avere donne in posizioni di potere, ma avere donne e persone femministe.
Perché? Le donne, come gli uomini, sono educate con codici culturali di genere fortemente stereotipati, la messa in discussione complessiva dei meccanismi di oppressione è ciò che rende un approccio femminista imprescindibile per una reale trasformazione del mondo in cui viviamo.
Analizzando nel dettaglio il contesto bolognese emergono elementi contrastanti in tal senso. Da un lato la presenza di donne nel consiglio comunale diminuisce in modo significativo passando dal 55% al 36%, dall’altro aumenta la presenza di donne nella giunta raggiungendo il 50% e aumenta decisamente il peso delle deleghe assegnate, finalmente!
Emily Clancy, dopo essere stata la consigliera più votata, ha ricevuto, oltre al ruolo di vicesindaca, le deleghe a Casa, Economia della notte, Pari opportunità e Diritti Lgbt. Roberta Li Calzi, la donna più votata all’interno del partito democratico e prima assessora appartenente alla comunità LGBTQ+, ha avuto le deleghe al Bilancio e allo Sport. Anna Lisa Boni, direttrice di Eurocities, ha ricevuto quelle ai Fondi europei, Fondi Pnrr, Città carbon neutral. Luisa Guidone, presidente del Consiglio comunale nel precedente mandato, quelle al Commercio, Lotta alle mafie, Economia di vicinato. Valentina Orioli, unica assessora riconfermata della precedente giunta, le deleghe a Mobilità, Nuove Infrastrutture, Impronta Verde, Portici Unesco e Parchi urbani.
Una nota importante per la comunità LGBTQ+ bolognese è l’elezione in Consiglio comunale di Porpora Marcasciano, storica attivista del movimento delle persone trans in Italia, a 26 anni da Marcella Di Folco, prima donna trans eletta a una carica pubblica al mondo. Porpora porterà dentro le istituzioni le sue battaglie: «Il consultorio per le persone in transizione e tutti gli interventi per la riduzione del danno nella prostituzione, l’impegno per una città più vivibile e inclusiva, l’attenzione agli spazi occupati, o autogestiti, che hanno sempre prodotto cultura, saperi ed esperienze».
Questa amministrazione affronterà sicuramente uno dei mandati più difficili dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, non a caso arriveranno nel nostro Paese un quantitativo di fondi dall’Europa senza precedenti, circa 220 miliardi di euro, superiori anche al Piano Marshall. Sono tante le disuguaglianze sociali su cui si dovrà intervenire al più presto, la più importante è sicuramente quella di genere, non solo perché le donne sono la maggioranza della popolazione, ma perché il genere interseziona tutte le altre dimensioni: età, classe, provenienza, abilità, orientamento sessuale e identità di genere, ecc.
Sarà necessario saper leggere e valutare l’impatto di genere delle politiche pubbliche, dall’ideazione alla realizzazione, dato che nessuna politica pubblica è neutra.
La campagna elettorale in questo senso, se non durante le primarie della coalizione di centrosinistra, non ha offerto temi e proposte che ponessero al centro il contrasto alle disuguaglianze di genere.
Promuovere una reale equità di genere, uso equità proprio perché non si può riequilibrare uno squilibrio con un approccio paritario, sarà uno dei temi centrali dei prossimi anni non solo «perché ce lo chiede l’Europa» per darci i soldi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr), ma perché è l’unico modo per costruire delle città e un mondo più giusto.
Immagine 1 da https://sestopotere.com/
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