RESOCONTO DELLE PRESIDENZIALI NEGLI USA
Martedì 3 novembre si sono svolte le elezioni presidenziali americane. La trepida attesa del risultato durante l’election night si è trasformata in un estenuante supplizio che si è ramificato ben oltre le aspettative, anche quelle più negative.
Le testate giornalistiche hanno annunciato la vittoria di Biden il 7 novembre, ma Emily W. Murphy, a capo della General Services Administration, ha aspettato il 23 novembre prima di farlo. Trump non ha comunque interrotto le oltre 50 cause che ha intentato per modificare i risultati elettorali, pur se nessuna ha speranze di successo: il 4 dicembre è riuscito a perderne 6 nello stesso giorno. Georgia e Wisconsin hanno sì dovuto ri-contare i voti, confermando però l’esito originale, con un incremento irrilevante per il già vincitore Biden. Il 14 dicembre i grandi elettori si sono ritrovati nel Distretto della Columbia, confermandone 306 per Biden e 232 per Trump. Il 6 gennaio, prima della conferma ufficiale dei parlamentari, i repubblicani potranno denunciare brogli, ma è inverosimile che la Camera, a maggioranza democratica, li supporti.
Quest’anno la campagna repubblicana ha tentato di portare con sé voti LGBT+ con un comitato consultivo chiamato Trump Pride. Stephan Horblet, direttore esecutivo della app per appuntamenti Hornet, ha condotto a settembre un sondaggio su 10.000 utenti gay e ha trovato che il 45% era per Trump. Secondo Horblet queste sono «persone il cui razzismo o xenofobia sono più forti della loro identità LGBT». Tuttavia, come ha denunciato Jason Turcotte, professore di Scienze della comunicazione all’Università Statale Politecnica della California, il campione demografico preso in considerazione è poco indicativo. Sondaggi quali AP Cast Vote (AP) e National Exit Pools (NEP) hanno trovato una percentuale rispettivamente del 25% e 27% di supporto a Trump della comunità LGBT+. Queste cifre sono molto più basse della media nazionale, ma comunque più alte che nel 2016. Tuttavia, anche gli exit polls sono alquanto dubbi. Per esempio, l’AP rileva un 2% di voti LGBT+ né per Trump né per Biden, mentre il NEP ne rileva il 19%. Inoltre il NEP mostra 1% di voti LGBT+ a New York ma un 8% in Alabama! C’è un solo dato certo: le persone LGBT+ sono più propense a votare, facendone un gruppo prezioso per entrambe le parti.
Joe Biden, il democratico centrista, il «president for all Americans», non porta con sé la stessa energia che aveva Obama nel 2008. Dai giornali al Saturday Night Live, il focus è sulla vicepresidente, Kamala Harris, donna, nera, di discendenza indiana e giamaicana. Quando la gioia per la sconfitta di Trump sarà scemata, Biden e Harris dovranno fare i conti con un clima sociale instabile, una sempre minore fiducia nelle istituzioni e una pandemia ancora da risolvere. Speriamo ce la facciano.
Pubblicato sul numero 60 della Falla, dicembre 2020
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