A quanto racconta Gore Vidal, negli anni ‘70 Dennis Altman, accademico e attivista LGBT+, fu fermato all’aeroporto di Sydney per effetto di una legge sull’oscenità. Il corpo del reato era un pericoloso libro che Altman portava con sé: The city and the pillar (La statua di sale, n.d.A.). Terzo romanzo dell’autore americano, che aveva prima esordito con due racconti di guerra dopo aver fatto parte dell’esercito durante il secondo conflitto mondiale, La statua di sale si caratterizza per essere figlio di un intento epocale. Per la prima volta nella storia della letteratura americana, Gore Vidal scrive una storia omoerotica il cui aspetto sconvolgente è che i due protagonisti della vicenda sono ragazzi assolutamente comuni. Jim Willard, giovane, atletico e sportivo, figlio di una tipica famiglia borghese, non ha nulla a che vedere con i personaggi spesso grotteschi, o emarginati e malinconici, a cui la letteratura aveva affidato in precedenza il racconto pruriginoso della sodomia.

Vidal, come si può leggere nella sua prefazione al romanzo, aveva maturato da tempo la convinzione di scrivere quest’opera, e appena prima di inviarla agli editori sente di trovarsi di fronte a un bivio. Fino a quel punto era stato sull’onda di un apprezzamento generale dell’opinione pubblica grazie al successo dei primi romanzi; lo zio senatore gli stava spianando la strada per entrare in politica. Doveva scegliere, come dice lui stesso, se prendere la strada per Tebe o per Delfi, novello Edipo alle prese con la sua sfinge.

La scelta, per nostra fortuna, fu la depravazione: dopo lunghe discussioni con gli editori, che non volevano certo pubblicare un’opera suscettibile di scandali e censure, il 10 gennaio 1948 viene data alle stampe la prima edizione della Statua di sale. Vidal diventa presto vittima di efferate critiche giornalistiche e subisce una damnatio memoriae da parte della grande critica: per anni le grande testate si rifiuteranno di pubblicare recensioni di altre sue opere. Piccole consolazioni giungono dai pareri ricevuti da scrittori per cui Vidal nutre una grande stima, come Christopher Isherwood e, anche se più tardivamente, Thomas Mann.

Ma cosa ha innescato lo scandalo? In primo luogo, come si diceva, l’assoluta banalità del tipo umano descritto. Se un giovane americano di media borghesia può essere come Jim Willard e può passare giornate nei boschi consumando rapporti indicibili con l’amico Bill, allora un ordigno esplosivo inizia a ticchettare nel perbenismo sociale di facciata. Quello che fa Gore Vidal, in un colpo solo, è di liberare dall’antro del maligno pulsioni legittime di esistenza e di mettere in discussione quel modello che è al centro della società borghese capitalista. Tutto ciò non poteva essere considerato accettabile.

La statua di sale è senza dubbio un romanzo che racconta una storia d’amore, ma quell’amore disatteso dal destino che rischia di essere solo ossessione. È romanzo di formazione e di viaggio, un nostos, cioè una nostalgia del protagonista per la sua casa che purtroppo, forse, non rivedrà mai più, perché è proprio l’America che lo circonda a non volerlo accogliere in alcun modo. E questa consapevolezza non sfugge a Jim, schiacciato senza tempo e spazio fin dall’incipit, che lo vede ubriaco in un bar newyorkese: «Era uno strano momento. Nel bar non c’era realtà; non c’era più nulla di solido; tutte le cose si confondevano l’una nell’altra. Il tempo si era fermato». Nell’insicurezza che avvolge il protagonista, forte di convinzioni e passioni sempre più fragili, si cela una violenza drammatica e distruttiva: la furia dei diseredati, dei reietti, degli oppressi. Un abisso che non lascerà spazio alla redenzione, nè sua nè d’altri, fino a che non inghiottirà ogni cosa.

Gore Vidal ha scritto, con La statua di sale, un romanzo destinato a lasciare il segno, una storia romantica e antiromantica al tempo stesso, che nel corso del tempo ha contribuito a modificare i percorsi dell’editoria e di altri scrittori in merito a questo genere di storie.

Immagine in evidenza realizzata da Ren Cerantonio e immagine nel testo da fazieditore.it