Arrivato alla sua XI edizione, inaugura oggi Some Prefer Cake, come sempre al Nuovo Cinema Nosadella che quest’anno offre tutte e due le sale al festival.
Lesbichezza mezza bellezza è il titolo scelto per il 2019 dalla direzione artistica di Comunicattive e dall’associazione Luki Massa – la quale porta il nome dell’ideatrice del festival, scomparsa nel 2016, che lo ha curato, insieme a Marta Bencich, fino al 2014.
La frase si staglia su un cartello fotografato durante una manifestazione degli anni ’90 e fa parte, così come gli altri elementi dell’immagine costruita attraverso un collage, dell’archivio fotografico di Luki Massa. Una composizione di corpi e volti di donne lesbiche nello spazio pubblico per dirsi «fiere di essere lesbiche, dunque, di riprenderci il desiderio e sovvertire la norma eterosessuale, possibilmente con una risata», come dichiarano le curatrici.
Il tema centrale è la memoria condivisa e la sua costruzione nell’anno del cinquantenario di Stonewall, la decostruzione e la ricomposizione necessaria di memorie personali e collettive, affinché momenti, corpi e luoghi siano tenuti insieme da un filo e portati a noi per nutrire la nostra (r)esistenza e la nostra lotta quotidiana.
Obiettivo chiaro fin dall’inaugurazione, con la proiezione di Invisible Women, documentario che racconta il movimento lesbico e LGBT+ a Manchester, dagli anni ’70 a oggi, e Marielle e Monica, in cui la vedova di Marielle Franco, Monica Benìcio, descrive la battaglia per i diritti LGBT+ e delle donne, nel Brasile che sta per eleggere Bolsonaro.
Un filo rosso che vedremo anche nella mostra dedicata alla Bollettina del CLI e negli omaggi, due, a compagne che non ci sono più: Marti, giovane poeta e attivista transfemminista di Non una di meno Torino, mortu di cancro a gennaio, e Barbara Hammer, regista lesbica e femminista, pioniera di sperimentazioni filmiche, scomparsa quest’anno a 80 anni.
Sarà un festival ricco di documentari, di cui due italiani: Melmaridè, la storia del Collettivo Femminista di via Benedettine a Piacenza e della fondazione successiva del consultorio autogestito, la cui regista, Elisa Bozzarelli, è la figlia di una delle donne protagoniste, e Becoming me, che racconta della relazione in mutamento tra la regista e il protagonista, suo primo amore, dopo la decisione di quest’ultimo di iniziare il percorso di transizione da femmina a maschio.
La memoria e la sua fragilità sono il nodo centrale di The rest I make up, il commovente documentario di Michelle Memran, in prima visione italiana. Un viaggio nella vita di Maria Irene Fornes, visionaria drammaturga di origini cubane, “Madre Avanguardia” del teatro americano ed ex amante di Susan Sontag, colpita dalla demenza. In un percorso spirituale e fisico che le porterà da New York all’Havana, da Miami a Seattle, la relazione/collaborazione tra la giovane regista e la drammaturga durerà un decennio, capovolgendo il senso della malattia e esplorando il passato, la creatività e il senso profondo della condivisione.
Nella giornata di domenica verranno proiettati l’imperdibile Worlds of Ursula K. Le Guin, documentario dedicato a una delle più grandi autrici di fantasy e fantascienza, scomparsa nel 2018, e Game Girls, che ci mostra, seguendo la relazione tra Teri e Thianna, il mondo di Skid Row a Los Angeles, la cosiddetta «capitale delle persone senza fissa dimora degli Stati Uniti». Tornano gli slot dedicati ai cortometraggi, Corti a colazione, nelle mattine di sabato e domenica, con colazione inclusa.
Tra i lungometraggi narrativi, l’attesa è per Tell it to the Bees, tratto dal romanzo di Fiona Shaw e ambientato nella Scozia del 1952. È la storia del risveglio sentimentale di Lydia, interpretata da Anna Paquin, e della sua relazione con la nuova medica del paese, raccontata dal punto di vista del figlio Charlie. Nel filone mai abbastanza esplorato – sembrerebbe- delle relazioni tra insegnante e studentessa, si inserisce invece il film messicano Clases de Historia, previsto per sabato pomeriggio.
Numerosi e ricchi gli eventi collaterali, tra presentazioni di libri e panel di approfondimento. Si comincia sabato con “Sguardi che contano. Il cinema al tempo della visibilità lesbica” di Federica Fabbiani, a cui segue il panel “Sguardi lesbici – Quando un film è lesbico?” – mentre domenica alle 13 assisteremo al dialogo a 4 voci con Barbara Bonomi Romagnoli e Marina Turi, autrici di “Non voglio scendere! Femminismi a zonzo”, e Benedetta Pintus e Beatrice Da Vela, autrici di “Siamo marea. Come orientarsi nella rivoluzione femminista”.
Sabato sera, il party ufficiale del festival sarà ospitato dall’associazione culturale Elastico fa/Art, con dj set a cura della Collettiva Elettronica.
Un’edizione del festival che si schiera con radicalità verso il recupero storico della soggettivazione lesbica e nel rilancio di nuovi immaginari lesbici e transfemministi che si poggino sulla riscoperta delle nostre sottoculture di appartenenza, coniugando la memoria del passato e i bisogni del presente grazie alla felice sintesi tra impegno politico e sguardo pop che, forse, solo i prodotti cinematografici hanno il potere di comunicare e che Some Prefer Cake seleziona e interpreta, fin dalla sua nascita, al meglio.
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