Una vita eccezionale fin dalla laurea all’Università di Chicago a soli 18 anni. 

Susan Sontag (1933-2004), filosofa e scrittrice lesbica statunitense di origini ebraiche, sconvolse l’intellighenzia del secondo dopoguerra praticando uno sguardo oggettivo, materiale e sensuale sull’opera d’arte, contrapposto alle analisi ideologiche e psicoanalitiche allora dominanti (Contro l’interpretazione; Stili di volontà radicale).

La sua “erotica dell’arte”, l’analisi della mistificazione della malattia contemporanea – il cancro e l’Aids su tutte (Malattia come metafora; L’Aids e le sue metafore) – l’indagine sul mondo e la sua rappresentazione (Sulla fotografia), si sono alternate a opere in cui Sontag sceglie la soggettività eleggendo romanzi e racconti a mezzo comunicativo privilegiato della relazione tra sogno e realtà (Il benefattore; Io, eccetera). 

L’ambizione di posizionarsi nella convergenza del dibattito pubblico tra cultura intellettuale e cultura popolare la distinguerà per tutta la vita, dall’interesse per la politica, alla pornografia, alle droghe, al pacifismo (Davanti al dolore degli altri).

Compagna della fotografa Annie Leibovitz dagli anni ottanta alla scomparsa, ha lasciato innumerevoli diari, la cui pubblicazione parziale è stata curata, post mortem, dal figlio David Rieff, anch’egli scrittore. «Non si impara con l’esperienza − perché la sostanza delle cose cambia continuamente» (Rinata. Diari e taccuini 1947-1963).

Immagine realizzata da Riccardo Pittioni