LA CELEBRE SITCOM (RI)VISTA CON GLI OCCHI DI OGGI

Netflix è il nuovo oppio dei poveri. Poveri, e non popoli, perché tutto sommato quasi chiunque può permetterselo. Oppio perché il binge watching, l’avere a disposizione tutto e subito, crea più dipendenza di molte sostanze, legali o meno, che avrete modo di provare nella vostra vita. Accade allora che, terminati i nuovi episodi delle nostre serie preferite, finite le cose da fare, complice magari l’insonnia o l’inedia, ci abbandoniamo a folli e ossessivi re-watch di serie tv che in passato abbiamo guardato con entusiasmo. Ce le ricordiamo con affetto. Ci siamo cresciut*. Ci hanno fatto ridere e piangere. Ne conserviamo un ricordo intriso di una sorta di aura mistica, come accade per quegli avvenimenti della nostra infanzia che forse sono accaduti, forse no, ma fanno parte della nostra mitologia personale. 

Tra queste serie c’è senza ombra di dubbio Friends. La sit-com firmata da Kaufman e Crane è stata un cult: per dieci anni, dal 1994 al 2004, le avventure dei sei amici della New York medio-borghese, bianca, cis ed etero sono state tra gli show più seguiti in tutto il mondo. Eh sì, ci abbiamo riso e ci abbiamo pianto, tanti anni fa. 

E oggi? Cosa succede se decidiamo di riguardare le loro storie con la consapevolezza del 2020? Innanzitutto ci rendiamo conto di quanto siano profondamente cambiati la nostra sensibilità e il nostro modo di affrontare determinati aspetti della vita. E ci rendiamo conto di quanto una serie così cult e per certi versi così liberal – era pensabile negli anni Novanta sentir parlare di Gpa o di matrimonio omosessuale? – sia in realtà intrisa di tutto ciò che oggi combattiamo con le unghie e con i denti: omofobia, transfobia, lesbofobia, fatshaming, slutshaming e molto, molto machismo. Ricordate quando nelle prime serie Ross è sconvolto dall’idea che suo figlio Ben potesse preferire una Barbie a qualche gioco più maschile? Vi ricordate le battute sulla presunta omosessualità di Chandler o quelle subite da Joey per aver deciso di indossare una borsa a tracolla? 

Gli stereotipi sulle lesbiche fioccano ogni qualvolta vengano menzionate Susan, l’ex moglie di Ross, e sua moglie Carol. E quando non tocca a loro, solitamente è una fantasia di Joey che coinvolge le sue amiche e un menage; e il modo in cui Joey le tratta, le donne… E le battute di Chandler su quel padre che prima si intuisce gay e poi in transizione? E che dire della Monica dei flashback? Grassa, insicura, insopportabile, ingorda e carica di ogni stereotipo che oggi cerchiamo di combattere nei confronti di chi vive un corpo non conforme? Il fat shaming sulla Monica teenager – e che fa Monica stessa sul suo passato – oggi ci farebbe inorridire: sgradevole e impossibile da amare nel suo corpo grasso da adolescente, donna ambita e di successo nel suo corpo conforme da adulta. 

Adesso tutte queste cose che hanno fatto parte della semantica di Friends, e su cui allora ridevamo, ci fanno storcere il naso: il mondo è cambiato e noi siamo cambiat* con esso. E verrebbe da dire: per fortuna.

Pubblicato sul numero 53 della Falla, marzo 2020