Come realtà collettiva autonoma transfemminista e frocia, seguiamo con interesse le vicende politiche locali e ci siamo trovat* in passato a diventarne protagonist*. 

Nel 2015 siamo stat* sgomberat* da Atlantide, nel 2016 e poi ancora nel 2017 dalle Consultorie Autogestite. Abbiamo debordato nelle strade e costruito alleanze, reti. 

Seppur lontan* dai palazzi (o spesso allontanat*), prendiamo parola in questo momento storico che vede aumentare la precarietà e la fragilità delle nostre vite transfemministe da un lato, ma che dall’altro ci restituisce forza espansiva attraverso l’autorganizzazione degli ultimi anni, come Smaskie, come BSide Pride e infine dentro il Rivolta Pride del 3 luglio 2021. Il Pride di quest’anno rappresenta per la comunità e il movimento LGBTQIA+ e transfemminista una novità assoluta dal punto di vista dell’autorganizzazione e delle relazioni tra noi. Lo abbiamo costruito attraverso un processo politico trasversale in grado di rafforzare l’alleanza tra le associazioni LGBTQIA+ e i collettivi transfemministi queer, la rete #moltopiùdizan, il movimento femminista globale Non Una Di Meno, le reti EAST public group (Essential Autonomous Struggles Transnational) e Feministas Transfronterizas. 

Il Rivolta Pride è stato il momento conclusivo della Settimana Transfemminista organizzata a Bologna e ha evidenziato l’orizzonte teorico e pratico di questa alleanza (anche) transnazionale: abbiamo ribadito che riconosciamo la violenza di genere e omolesbobitransfobica come un’oppressione sistemica e strutturale che colpisce le nostre vite su ogni livello e a diverse intensità, che il Pride è una manifestazione politica e autorganizzata dal basso, che i nostri corpi di donne, frocie, lesbiche, trans, intersex, sex worker, persone migranti e razzializzate, persone con disabilità, pro-sex e sierocoinvolte non sono strumenti di propaganda per nessuno. La Settimana Transfemminista è stata una risposta di massa e dal basso all’attacco eteropatriarcale che sta colpendo le donne e le persone LGBTQIA+ di tutto il mondo e che durante la pandemia ha alzato ulteriormente il suo livello di violenza. Abbiamo svelato la connessione catto-fascista, fondamentalista e reazionaria che sta unendo le nuove destre xenofobe a un sedicente femminismo trans-escludente e omofobo. A mettere in relazione queste due fazioni è il desiderio – o meglio, la progettualità politica – di piegare i nostri corpi a un destino unico e universale, disegnato dal patriarcato coloniale per la propria riproduzione, imposto dal sistema binario di genere, capitalista e familista, che da sempre tenta di togliere la parola e lo spazio pubblico alle soggettività femminilizzate e marginalizzate. 

Durante il Rivolta Pride queste voci si sono sentite forte e chiaro, mentre non bastava una città intera per contenere i nostri corpi. #moltopiùdizan ha significato superare la dicotomia di un dibattito al ribasso, già visto con la legge Cirinnà per le unioni civili e ora con quella attuale di Zan contro l’omolesbobitransfobia, che colloca e sussume le nostre rivendicazioni, tra un mero punitivismo carcerario e la concessione di fondi per la realizzazione di progetti istituzionali certamente non bastevoli. 

Rilanciare politicamente #moltopiùdizan vuol dire tentare di ribaltare il potere «dentro e fuori», nelle piazze e tra le leggi, per una trasformazione complessiva dell’intero sistema orientata alla cura collettiva, conflittuale e transfemminista.

Questo quadro non ha una proiezione diretta sulle amministrative, che vedono candidat* LGBTQIA+ e alleate in ordine sparso in varie liste con diverse opzioni politiche e strategiche, ma allo stesso tempo presenta a chi arriverà a governare la città una serie di rivendicazioni e urgenze che starà al movimento proporre e imporre:

Un sistema educativo in grado di implementare un serio contrasto alla violenza di genere e del genere fin dall’infanzia, perché non basta intervenire in seguito alla violenza, ma si deve prevenire con un approccio intersezionale e che tenga conto delle mutate circostanze per le e i giovani in questo momento storico. 

– Una reale universalità nell’accesso alla salute, vogliamo che i servizi pubblici lo siano davvero anche per noi persone sieropositive, persone disabili, per noi donne, per noi persone trans e per noi lesbiche. Per noi, salute significa anche accesso gratuito alla PreP, prevenzione reale di HIV e ITS e spazi e fondi strutturali. 

– L’implementazione di processi virtuosi che fin dalle iniziative locali possano portare a un reale diritto di autodeterminazione per le persone trans e quindi al superamento della legge 164/1982 per includere la molteplicità dei percorsi non binari e transgender. 

– Fondi e spazi per centri antiviolenza e case rifugio gestiti dalla comunità di riferimento delle persone che subiscono violenza, servizi per persone LGBTQIA+ rifugiatə, percorsi di fuoriuscita anche per minori discriminati per la loro identità di genere o per la loro sessualità. 

– Il reddito di autodeterminazione e l’accesso al lavoro, punto centrale per il contrasto alla violenza di genere e omolesbobitransfobica. 

– Spazi per poterci organizzare, per promuovere forme di socialità safer e slegate dalla mera accumulazione di capitale. 

Questa è una lista provvisoria, che contiamo sarà implementata da un movimento in crescita, espansivo e deciso. 

Tornando alle elezioni, se da un lato il risultato elettorale sembra quasi scontato, dall’altro non saranno scontati gli equilibri tra le varie liste e sicuramente fa la differenza proporsi con la sinistra dello schieramento piuttosto che candidarsi con gruppi o partiti che a livello nazionale lavorano per affossare il ddl Zan assieme alle destre. Ma una cosa la vogliamo dare per scontata: che il percorso che ha prodotto il Rivolta Pride e la galassia del #moltopiùdizan anche in questa città non è più disponibile a delegare in bianco a nessun* la rappresentanza delle istanze LGBTQIA+. Saremo tutt* parte attiva nell’autorganizzare i bisogni, unit* contro ricatti politici e tentativi di riappropriazione delle istanze della comunità, autonome e autorevoli nel difendere e ripensare i servizi e nel moltiplicare forme e spazi del mutualismo e della socialità LGBTQIA+.

Foto in evidenza di Michele Lapini