COSTRUIRE UNO SPAZIO PER ALLEANZE OLTRE I CONFINI
Quando si parla di femminismo, sempre più spesso salta fuori il concetto di intersezionalità: enorme matassa di significati che connette l’antirazzismo e la lotta di classe alla battaglia contro la disuguaglianza di genere. Non di rado, però, il termine viene lasciato in sospeso, senza venire a capo delle sue specifiche declinazioni all’interno del movimento, con l’illusione che le risposte che diamo a una parte di noi vadano bene per tutte.
Il processo di emancipazione descritto all’interno dell’opera inizia dalle parole: nel 2007, il Presidente romeno Băsescu allontanava una giornalista gitana, di cui non gradiva le attenzioni, con le parole «zingara puzzolente». Nei giorni successivi la frase divenne il motto sulle magliette delle manifestanti rom a sostegno della giornalista: indossato, il significante aggressivo diveniva veste d’orgoglio. La pressione mediatica attorno a Băsescu fu tale da costringerlo a scusarsi pubblicamente e “zingaro” venne preso, al pari di “queer”, come termine ombrello sotto al quale porre Rom, Sinti, Gitani, Gens du Voyages, Manouche, Camminanti e tutte quelle comunità itineranti senza confini.
Inevitabile che si utilizzino anche definizioni differenti: «le donne zingare, le donne nere, indigene, aborigene e maori hanno messo in discussione l’uso della parola “femminismo”. Ciò che si può ritenere una tematica o una lotta femminista varia notevolmente in base al contesto culturale. […] Di fatto, mentre alcune attiviste di genere e donne leader si definiscono femministe, altre non amano l’espressione, che può apparire antagonista o minacciosa. Alcune attiviste di genere percepiscono il femminismo come storicamente legato all’eredità e al lessico delle donne bianche». Questo apparente cortocircuito linguistico poggia su una realtà accademica in cui «la maggior parte degli studi rom sono ancora controllati da studiosi/e bianchi/e non rom», e in cui «le università sono ancora luoghi coloniali, appannaggio delle classi benestanti» scrive ancora Corradi, mentre gli spazi per nuove definizioni di sé sono ancora in fase di costruzione.
La soluzione, come già preannunciato dal titolo, è quella di impegnarsi nella costruzione di alleanze, come quelle tra gitane e catalane in Spagna, che siano rispettose delle soggettività interessate, e fare dell’intersezionalità una maglia di realtà tra loro distanti, ma ugualmente valide.
Pubblicato sul numero 49 della Falla, novembre 2019
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