Come raccontato da Beppe Ramina in Ha più diritti Sodoma di Marx?, la nascita del Cassero negli anni ‘80 fu frutto di un conflitto, una tensione interna alla comunità cittadina dell’epoca. Il confronto acceso e costante tra maggioranza e minoranza, tra istituzionalizzazione delle istanze e rivendicazione delle esistenze marginalizzate, ha quindi percorso fin dagli albori lo sviluppo del movimento LGBTQI+ bolognese. Tenere a mente tale conflitto, che ci ha animato e ancora ci anima, è indispensabile per leggere il presente, sia che si tratti di manifestazioni, di rivendicazioni, che di appuntamenti elettorali. 

Questo processo di tensione ha condotto il Cassero, dopo trentanove anni, a essere percepito come un’istituzione cittadina, pur mantenendo la sua autonomia sul piano culturale, politico e aggregativo. 

In virtù di questa autonomia abbiamo attraversato l’attuale tornata elettorale nel modo che ci sembrava più adatto: abitando le reti cittadine. Da un lato Bologna Proxima, una piattaforma di associazioni e realtà del Terzo Settore atta ad accogliere e interpretare istanze cittadine fortemente radicate sul territorio in vista delle elezioni. Dall’altro il Rivolta Pride, capace di esprimere una visione transnazionale e transfemminista che ci ha viste partecipi e promotrici. Due processi di cui siamo state protagoniste, con la consapevolezza che, in un’ottica dell’esercizio del potere classico, saremmo apparse come di lotta e di governo.

Ci vogliamo però nettamente svincolare da questo binarismo: pensiamo che si possano abitare spazi differenti, istanze – solo all’apparenza – non collegate, attraverso il confronto e il dialogo, tramite la trasparenza e una visione che sia quanto più condivisa e collettiva possibile. 

Alla luce del risultato elettorale, con la vittoria ampia della coalizione di centro-sinistra, l’auspicio è di continuare a lavorare in rete con le associazioni di Bologna Proxima e di essere istituzione e punto di riferimento per la città. Continueremo ad attraversare le alleanze più radicali e transfemministe, a identificarci in una lettura obliqua del presente di questa città e del nostro pianeta. E se immaginiamo la città felsinea come la più progressista d’Italia, la via che ci sembra più efficace da perseguire è quella puntellata da uno scambio e un riconoscimento reciproco costante, che non rifugga il conflitto sociale, ma che lo attraversi e che trovi una sintesi tra posizioni differenti, con l’obiettivo di non lasciare indietro nessuna.