L’inizio del mese del Pride di quest’anno chiama le frocie a guardare all’Europa, e l’Europa sembra scrutare a sua volta le frocie. All’avvicinarsi delle europee, sulle istanze LGBTQIA+ si barrica l’opposizione, tra destra e sinistra, conservatorismo e progressismo, addirittura chi è contro e chi a favore dell’UE.

Virale, tra politica e meme, il post elettorale di Salvini che contrapporrebbe l’immagine generata artificialmente di uomo trans* in gravidanza («meno Europa!») a un ritratto della famiglia tradizionale («più Italia!»): quale sintesi più grottesca di queste settimane, tra gli attacchi al Careggi e gli usi inquietanti delle AI? Dall’internazionale ILGA arriva invece la campagna Come Out 4 Europe, che chiede aə candidatə di dichiararsi sostenitorə dei diritti delle «persone LGBTI» – con grande rimosso delle identità ace – e sono a oggi 103 le firme italiane. Questa dichiarazione d’intenti condivisa è un ottimo punto di partenza, ma non potremmo accontentarci di una lista anni ’90 delle frocie candidate, né ci può bastare la spilletta dei cosiddetti diritti civili appuntata al petto per barrare questa o quell’altra casella sulla scheda. Dobbiamo allora sempre ampliare la visuale all’intersezione delle lotte, su temi scottanti per il futuro dell’Europa come la giustizia climatica, le migrazioni, il diritto alla salute, la lotta alla povertà e al precariato, l’avanzata sempre meno silenziosa dei fascismi, i conflitti bellici che non lasciano intoccata nessuna nazione. E, non ultimo su questo, il posizionamento sul genocidio palestinese che, parlando anche solo di strumentalizzazione dei diritti civili, le frocie devono denunciare a gran voce di fronte al rainbow washing di Israele.

Ancora, critico deve essere quello sguardo sull’Europa, spesso vista dalla comunità come faro di civiltà che i singoli stati adombrano, rifiutando di seguire la corrente progressista. Per citare la cronaca recente, l’Italia è tra i nove paesi che non hanno firmato la dichiarazione per la promozione delle politiche europee a favore delle comunità LGBTQIA+, presentata in occasione dell’IDAHOBIAT; Italia che retrocede in coda all’Ungheria secondo la mappatura di ILGA sugli sviluppi legislativi per le persone queer. 

Ma non possiamo rimanere incantatə dal tingersi di arcobaleno di quella stessa Europa che costruisce stringenti meccanismi finanziari e commerciali che strozzano le nazioni, che declina i diritti umani in chiave neoliberista e che si barrica dietro i confini presidiati e respingenti di Frontex, mentre persegue la stessa vecchia politica coloniale sia in Nord Africa che nel Sahel.

Che fare? Rimane fondamentale la pratica del voto consapevole contro l’avanzare delle forze antidemocratiche che marciano sull’astensionismo; ma è quindi proprio sulla consapevolezza che, come soggetti minoritari, siamo tenutə l’8 e il 9 giugno a un esercizio più profondo. Se i partiti costruiscono la loro polarizzazione sui nostri corpi e bisogni, allora entriamo in gioco non già come soggetti desideranti, ma al di fuori dei nostri interessi come strumenti di costruzione di confine tra civiltà e barbarie: ma quale barbarie e quale civiltà?

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