I nostri movimenti, le nostre contraddizioni
Perché ci stupiamo tanto dei conflitti che agitano i movimenti LGBTQI+? Il nostro attivismo nacque, nella Germania degli anni Sessanta dell’Ottocento, sotto il segno del dissidio. Karl Heinrich Ulrichs aveva coniato il termine “uranismo” per nominare l’attrazione tra uomini, e interpretando l’uranismo – in linea con la sessuologia del tempo – come una forma di inversione tra sesso anatomico e sesso psicologico (oggi diremmo genere), Magnus Hirshfeld ne fece una gradazione di quello che chiamava “terzo sesso”, comprendente anche “ermafroditismo”, “transvestitismo” e “transessualismo”. Hirshfeld poneva quindi l’omosessualità in continuità tanto con la condizione trans quanto con l’intersesso, e a questo si oppose Karl Maria Kertbeny che coniò i termini “omosessualità” ed “eterosessualità” per rivendicare in modo rassicurante la mascolinità cisessuale degli uomini che sono attratti sessualmente da altri uomini. Kertbeny anticipò quindi quella scansione binaria di sesso, genere e orientamento sessuale – codificata dalla medicina negli anni Cinquanta del Novecento – che oggi viene contestata da attivistɜ intersex, queer e transfemministɜ, che in un certo senso potremmo considerare eredi di Hirshfeld.
L’esperienza tedesca fu brutalmente interrotta dal nazismo ma, nel dopoguerra, il suo lascito fu raccolto da gruppi omofili come la Mattachine Society e le Daughters of Bilitis negli Stati Uniti e Arcadie in Francia, che reclamavano tolleranza e accettazione per le donne e gli uomini omosessuali. Fu però in ben altra forma che la protesta divampò con la rivolta di Stonewall del 28 giugno 1969: assieme al femminismo, ai movimenti operai, ai movimenti antirazzisti, ai movimenti antiautoritari, anche le minoranze sessuali volevano contribuire alla lotta per la rivoluzione della società e delle soggettività. Dopo gli scontri, Marsha P. Johnson partecipò alla fondazione del Gay Liberation Front, e in seguito, con Sylvia Rivera, fondò STAR, Street Transvestite Action Revolutionaries – collettivi radicali che furono di ispirazione in tutto il mondo.
A prevalere su queste istanze di trasformazione è stata però ben presto la richiesta di integrazione. Seguendo la traiettoria di buona parte della sinistra europea e nordamericana, accelerata dalla caduta del Muro di Berlino nel 1989, la maggior parte dei movimenti delle minoranze sessuali si è convertita alla cultura politica liberale, abbandonando la lotta contro le disuguaglianze sociali, economiche e razziali, e anche le pratiche autocoscienziali, per rivendicare diritti umani e civili. In questa evoluzione, lo scoppio della pandemia dell’AIDS negli anni Ottanta ha costituito un punto di non ritorno, obbligando i governi a occuparsi dei bisogni di una fetta di popolazione fino allora ignorata e rendendo necessaria un’interlocuzione tra associazioni e istituzioni.
Furono, tuttavia, proprio degli attivisti sieropositivi a reagire al desiderio di assimilazione delle minoranze sessuali inaugurando un nuovo stile di militanza trasgressivo e irriverente. Nel marzo 1990, sempre a New York, fu fondato un collettivo di azione diretta che scelse di designarsi con quello che era allora un insulto: Queer Nation. E da allora, “queer” indica il posizionamento di quei gruppi che criticano l’integrazione delle minoranze sessuali in una società densa di ingiustizie e praticano lotte intersezionali in cui l’omolesbobitranspanintersex+fobia viene combattuta assieme al binarismo sessuale e a ogni forma di razzismo, discriminazione e sfruttamento.
Oggi i movimenti LGBTQI+ si trovano da un lato ad affrontare una forte reazione ai diritti che hanno ottenuto in molti Paesi del mondo (non in tutti, lo si ricordi: 69 Stati ancora criminalizzano le minoranze sessuali, 11 le puniscono con la pena di morte). Dall’altro, sono divisi dagli effetti prodotti dalla logica liberale con cui tali diritti sono stati perseguiti. Al loro interno viene contestata l’egemonia che per lungo tempo è stata esercitata da un modello rispettabile di omosessualità maschile, bianca, benestante e monogama sulle altre espressioni minoritarie della sessualità e su altri modi di vita; e inoltre viene criticata la cooptazione dei diritti delle coppie lesbiche e gay in retoriche nazionalistiche anti-immigrazione. Inoltre, alcune lesbiche denunciano lo sfruttamento delle donne nella pratica della gestazione per altri (Gpa) così come nella prostituzione, che rifiutano di considerare lavoro sessuale (sex work): si collocano così in un movimento definitosi “femminista radicale” che si allontana dai movimenti LGBTQI+ soprattutto quando assume posizioni definite “transescludenti” da chi non le condivide, come sta accadendo in occasione del dibattito sul Ddl Zan. «Le lesbiche non sono donne», sentenziava negli anni Settanta Monique Wittig contro un femminismo che rendeva invisibili le lesbiche; oggi invece alcune di loro – eredi di Kertbeny, non vi pare? – rivendicano di essere donne, contestando che lo siano le donne trans.
Corsi e ricorsi storici… ma non fatevi ingannare: niente è come prima. La decriminalizzazione e la depatologizzazione dell’omosessualità e della condizione trans, la denuncia delle mutilazioni genitali neonatali praticate sulle persone intersex, la conquista dei diritti matrimoniali per le coppie di persone dello stesso sesso in buona parte del pianeta hanno inaugurato una nuova fase della storia dei movimenti LGBTQI+, dando nuove configurazioni ai dissidi che da sempre li caratterizzano – e che finora si sono dimostrati tanto produttivi. Adesione al binarismo sessuale o sovversione dei generi? Adesione al modo di vita capitalista e liberale o contestazione delle diseguaglianze economiche e sociali oltre che giuridiche? Riforma o rivoluzione, insomma? Occorre prendere posizione. Ancora e ancora. I conflitti, i litigi, le lotte non ci devono spaventare. Buon Pride, sotto il segno del dissidio!
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*Questo articolo è un’anticipazione dell’ultimo libro di Lorenzo Bernini, LGBTQIA+, uscito nella collana digitale Echi di Treccani con una breve introduzione (un’eco, appunto) di Porpora Marcasciano, scaricabile gratuitamente nel mese di giugno:
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