Spazi di esplorazione e utopia nei fandom
Nell’introduzione al suo libro Making Things Perfectly Queer. Interpreting Mass Culture (1993) Alexander Doty scriveva: «Ho una notizia per la cultura etero: le vostre letture dei testi sono di solito quelle “alternative” per me, e mi sembrano spesso tentativi disperati di negare la queerness che è così chiaramente parte della cultura di massa».
Nel testo, infatti, Doty insiste sull’esistenza di un posizionamento queer da cui interpretare la cultura mediale mainstream e i suoi prodotti e sull’elevarlo a qualcosa di radicato in tale cultura, non più relegato allo statuto di vaneggiamenti di uno sparuto gruppo di spettatrici e spettatori, o studiosə, in preda ad allucinazioni generate dal loro desiderio di vedersi nelle immagini e nei testi che frequentano – e che, ovviamente, non li contengono mai.
Con queste parole – che evocano quelle pronunciate da Albus Silente durante la battaglia di Hogwarts non a caso amatissime da tantə fan («Certo che sta succedendo dentro la tua testa, Harry. Dovrebbe voler dire che non è vero?») – Doty rivendica lo statuto di legittimità che, invece, viene tuttora negata a pratiche, letture, spettatrici e spettatori che non appartengono necessariamente alla norma che ancora adesso li immagina come maschi, bianchi, cis ed etero.
Fan e fandom sono tantissimə e da tempo gli studi in materia – e, soprattutto, chi ne fa parte – hanno sdoganato l’idea utopistica, progressista e trasgressiva che se ne aveva nel momento in cui, all’inizio degli anni ’90, si è iniziato a studiarli e a raccontarli all’esterno dei loro spazi protetti. Lungi dall’essere tutti luoghi pacificati in cui regna un’armonia estranea da omolesbobitransfobia o razzismo, in realtà i luoghi di fandom sono perlopiù specchio del mondo che li circonda: alcuni sono ambienti altamente tossici, altri hanno costituito per lə loro abitanti veri e propri rifugi più sicuri in cui trovare una comunità, in cui divertirsi ed esplorare la propria identità in tutte le sue sfumature.
Anche negli spazi fandomici vige spesso una norma per essere fan – eteronormata e bianca, con un punto di vista fortemente occidentale e imperialista – e chi eccede da questa norma, perché appartenente a una comunità minoritarizzata per una qualsiasi ragione, si ritrova solitamente a difendere le proprie posizioni come valide, esattamente come racconta Doty.
Non è solo cosa si pensa di un determinato testo, o la critica che se ne può fare, ma come sempre è anche la modalità con cui ci si approccia alle produzioni culturali a essere messa alla berlina: se si è troppo coinvoltə o troppo emotivə nel modo con cui ci si lega ai testi che si amano, ecco che i contenuti dei propri ragionamenti vengono invalidati. Curiosamente tutte queste caratteristiche sono facilmente riconducibili allo statuto della fangirl.
Per ovviare a questa perenne ridicolizzazione e stigmatizzazione, fin dalle origini dei fandom mediali come li conosciamo oggi nel mondo occidentale, ovvero dalla metà degli anni Sessanta con il fandom della serie originale di Star Trek (1966), donne e altre soggettività minoritarizzate si sono modellatə spazi separati, ritagliandosi ambienti più sicuri e protetti in cui poter praticare liberamente le loro passioni senza venire costantemente silenziatə e ridicolizzatə. Spazi che hanno creato e di cui si sono presə cura, come le tante community sui portali che si sono avvicendati, da Livejournal a Dreamwidth, da Tumblr a Discord. Spazi che comunque hanno visto guerre interne e marginalizzazioni concentriche tra pratiche ritenute più legittime e altre – spesso e volentieri quelle che producevano contenuti erotici e sessualmente espliciti, sia eterosessuali che non – ritenute, ancora una volta, eccessive e fuori norma.
Quello che è oggi il più grande archivio di fanfiction esistente, Archive of Our Own (AO3 – Un archivio tutto per noi), nasce nel 2008 proprio dall’idea di un gruppo di fan, attivə soprattutto in comunità slash, di creare un luogo di distribuzione e scambio di fanwork che rispettasse i gusti e le preferenze di tuttə lə utenti, senza limitarne però le possibilità di immaginazione. AO3, quindi, nasce con un codice, una struttura e un sistema di tag e filtri ispirato a principi e valori femministi che permette a chi lo utilizza di visualizzare solo quello che desidera, evitando di incappare in fanwork con temi che non vuole leggere grazie ai numerosi warning.
Immagine in evidenza da: www.wumingfoundation.com
Immagini nel testo da: www.deviantart.com, www.pinterest.it, medium.com
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