Una donna assieme alla figlioletta, protetta da un cordone di polizia, passa in mezzo a un gruppo di pericolosi rimbambiti che le vogliono impedire di entrare nell’abitazione che le è stata regolarmente assegnata dal Comune di Roma. Uno le urla: «Troia, ti stupriamo!». E poi assediano l’edificio e la cosa va avanti indisturbata per ore, anzi per giorni. La famiglia è bosniaca ed è formata da 14 persone. La sindaca di Roma, Virginia Raggi, va a trovarla, le assicura il suo sostegno, le chiede di tenere duro. Il vicepremier pentastellato, tal Di Maio, è irritato con la sindaca: siamo in campagna elettorale, e che diamine!, prima gli italiani! Il vicepremier leghista, ministro dell’Interno, tal Salvini, di quei decerebrati aspiranti stupratori è il protettore supremo. Sono voti, e che diamine! Quando questo articolo uscirà, ci saranno già state le elezioni europee e chissà come saranno andate. Ma la puzza, l’aria cattiva, fascistella e infame, sarà sempre lì, disgustosa e minacciosa.
I Pride sono un antidoto, insufficiente, ma necessario, a questa spocchiosa e pericolosa fascisteria. Lesbiche, trans, gay, bisessuali, intersessuali e tutte le identità che si esprimono liberamente e apertamente sono nel mirino. Siamo tutte bosniache, siamo tutti Rom e Sinti, accomunati dallo stigma di questi miserabili che sono al governo e che pretendono di essere al potere. Siamo ribelli che costruiscono ponti e che sabotano le casematte fasciste.
Pubblicato sul numero 46 della Falla, giugno 2019
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