Si parte da Lesbicx
di Antonia Cassoli
Nel fine settimana dall’uno al tre febbraio si è svolto a Bologna il convegno Lesbicx, ospitato dal Cassero LGBTI center e dal Centro delle donne. Organizzato dalla neonata associazione Lesbiche Bologna, è stato un punto di arrivo e di partenza per aprire il discorso politico della soggettività lesbica italiana. L’esigenza di un evento di questo tipo arriva da lontano, dalla volontà di riportare le lesbiche al centro, recuperando la memoria storica del movimento e riaprendo il dibattito focalizzando lo sguardo su un presente intersezionale e plurale.
Abbiamo intervistato Carla Catena, presidente di Lesbiche Bologna, per farci raccontare la genesi di questa tre giorni e i prossimi passi verso il futuro di un discorso che è ancora aperto.
Carla, ci racconti da dove nasce l’esigenza di questo evento?
Lesbicx è un punto di partenza ma in un certo senso è anche il punto di arrivo di un percorso in cui sono state determinanti le questioni che, tra il 2017 e il 2018, hanno portato il nostro circolo Arcilesbica Bologna – così come anche altri circoli italiani – a disaffiliarsi da ArciLesbica Nazionale.
Lo scorso autunno è venuto fuori a gran voce il bisogno di questo evento, da una parte per porre le basi dei nostri legami con le altre realtà associative bolognesi, dall’altra come riflessione più ampia per fare il punto, costruire una rete e puntare al futuro.
Ha a che fare quindi con la presa di posizione sulla Gpa?
In parte. Il motivo principale che ha portato alla rottura con ArciLesbica Nazionale è stata la mancanza di democrazia e pluralità. Non ci sentivamo pienamente rappresentate in un ragionamento in cui l’autodeterminazione viene concepita solo come processo collettivo; per noi il personale è politico e proprio per questo sentiamo il bisogno di mettere al centro del dibattito tutte le soggettività lesbiche. Lesbicx è nato sotto il segno della pluralità: il nome stesso è venuto quasi spontaneo, riflettendo sul come aprire la parola “lesbica” a uno spettro il più ampio possibile.
Leggo dalla presentazione della tavola rotonda di apertura: «Ci incontriamo in un luogo sicuro e aperto dove poter esprimere con libertà e agio pensieri, riprendere i fili di un discorso, cercare dei punti in comune».
Quali sono i fili del discorso da riprendere e quando erano stati lasciati?
Il filo del discorso è l’interrogazione, il lavoro di ricerca sull’evoluzione della soggettività lesbica. Non è stato mai completamente interrotto, ma forse era stato messo un po’ in un angolo quando si è smesso davvero di fare politica nei circoli. Credo che il cambiamento, così come la voglia di ritrovarsi e riprendersi, sia arrivato da più parti. Noi di Bologna, che siamo sempre state un circolo piuttosto grande, sentivamo di avere gli strumenti per provare a riprendere i fili di quel discorso. È stato un investimento importante, in termini di risorse, economiche e lavorative, ma abbiamo sentito di doverlo e poterlo fare.
Tra le partecipanti a Lesbicx (sia tra le ospiti che sono intervenute, sia tra il pubblico) c’era una commistione di età anche molto lontane.
È vero e trovo che si sia creato un clima di forte affinità tra generazioni diverse.
La scelta delle ospiti è venuta dalla voglia di avere sia delle attiviste, sia delle teoriche, sia delle storiche del movimento che hanno fatto dei percorsi, anche molto diversi tra loro, ma che in vari modi si riflettono sul nostro presente. Non volevamo delle vere e proprie leader politiche, ma delle donne che riteniamo importanti per tutto quello che hanno detto negli anni e che noi crediamo possa essere ancora ridiscusso sul presente.
Penso alla presenza di Liana Borghi, ricercatrice universitaria e figura importante del lesbo-femminismo, che ha mantenuto quel percorso queer iniziato dalle lesbiche e che è stato poi tagliato fuori da Arcilesbica Nazionale.
Penso all’intervento di Lidia Cirillo, che ci ha detto molto chiaramente «Noi siamo in guerra»: sì, siamo in guerra, e abbiamo bisogno di strumenti politici ulteriori, strumenti che forse le più giovani non conoscono o comunque non sono abituate a pensare. Anche di questo si è discusso con un bel confronto tra le generazioni.
E penso anche alle numerose riflessioni stimolate da Francesca Talozzi, lesbica femminista che da dieci anni affronta il mondo su una sedia a rotelle. Lei ha ricordato, con una chiarezza disarmante, come le barriere fisiche diventino delle barriere psicologiche, rimarcando l’importanza del corpo come entità politica; ci ha inoltre fatto riflettere sul concetto di inclusione, sulla pericolosità di questo termine se viene usato con condiscendenza e a dimostrazione di una parte più grande che deve (sia pure volendo) includere una minoranza.
La terza giornata del Convegno è stata dedicata all’assemblea plenaria e ai tre tavoli di lavoro: Intersezionalità, R/esistenze lesbiche, Reti lesbicx. È emerso qualcosa di trasversale e comune nella restituzione dell’elaborazione collettiva?
Ci sono state varie costanti comuni. Una di queste è la questione dell’accessibilità. È un tema importante per noi, soprattutto pensando al Cassero (sede di Lesbiche Bologna), che, come sappiamo, è un luogo storico e pertanto con un’accessibilità limitata verso le persone con disabilità. Anche per questo abbiamo voluto affrontarla in modo diretto, durante il convegno, con un intervento dedicato.
Un altro tema comune è stato il linguaggio. Ci si è interrogate molto sui termini – uno su tutti: inclusione – e sull’urgenza di essere, in un certo senso, accessibili anche dal punto di vista del linguaggio: senza mai diventare superficiali, è importante arrivare a più donne possibili!
Infine, costruire reti è emersa come necessità, condivisa dai tre tavoli di lavoro e da tutte le partecipanti.
Costruire reti era uno dei punti di partenza di Lesbicx, immagino quindi che siate soddisfatte della sua conclusione. Ora dove si va?
Lesbicx è stato molto partecipato: sono arrivate donne da diverse parti d’Italia, appartenenti ad altri circoli o associazioni, e al contempo è stato molto sentito dalle realtà cittadine. Per noi era davvero molto importante avere una pluralità di contributi – sia tra le relatrici che tra le donne partecipanti. Per quanto sia stato impegnativo, l’esigenza di un evento come questo era talmente forte, talmente sentita da noi tutte, che ora mi sembra tutto più facile. Costruire reti è un percorso lungo e collettivo, ma ora forse spaventa di meno.
La mia speranza è che la rete vada avanti e dia uno stimolo a quelle che ancora non ci sono, per potersi collegare e contribuire al discorso politico.
Il prossimo passo?
Ci vediamo l’11 e il 12 maggio a Roma!
pubblicato sul numero 43 della Falla, marzo 2019
foto in evidenza: Lesbiche Bologna
foto: Lesbiche Bologna
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