«Hai infranto le regole per tutta la tua vita»

«Sì, è vero. Per questo sono felice»

La forza di Un amore segreto, film documentario di Chris Bolan rilasciato da Netflix il 30 aprile e prodotto da Ryan Murphy – deus ex machina gay della serialità hollywoodiana, con prodotti come Glee, American Horror Story, Pose e l’ultimo, Hollywood, sempre su Netflix – è racchiusa tutta nella battuta pronunciata da Terry, in risposta all’imbeccata dello stesso Bolan.

Il regista e pronipote ha raccontato – in una densissima ora e mezza – la storia d’amore lunga oltre settant’anni delle prozie Terry e Pat, colte in un momento cruciale della vita, quello in cui l’anzianità le ha portate a non essere più completamente autosufficienti ed è necessario prendere delle decisioni per salvaguardare la loro salute.

Terry soffre di Parkinson e Pat è riottosa al trasferimento in una struttura assistenziale, spinta dall’amorevole famiglia di Terry che le vorrebbe sapere al sicuro e vicine a Edmonton, Canada.

Terry è, infatti, Terry Donahue, catcher canadese delle Peonia Redwings, una delle 4 squadre del primo campionato di baseball femminile professionistico statunitense – sì, proprio quello raccontato nel film Ragazze vincenti – scelta nella battente campagna di reclutamento delle giocatrici che toccò anche lo Stato dello sciroppo d’acero.

Negli Stati Uniti, Terry conosce Pat, canadese anche lei, si innamorano – nessuna delle due aveva mai avuto relazioni con donne – cominciano a vivere insieme, e il resto è storia.

E che storia: le due donne lesbiche attraversano insieme, e indenni, gli anni ’40, ’50 e ’60, anni di raid nei locali queer, di arresti e gogne sui quotidiani, di licenziamenti per omofobia, di ripudi familiari, di assenza completa di diritti.

Molto lentamente, conoscono altre persone gay e lesbiche e formano quella che ora chiamiamo una s-famiglia.

Le famiglie d’origine, nonostante la convivenza, le feste di Natale assieme, le vacanze, il lavoro nello stesso ufficio, continuano a restare all’oscuro e a considerarle due care amiche che dividono le spese dell’affitto e si fanno compagnia.

Va avanti così per sessant’anni, finché Terry non fa finalmente coming out con Diana, l’adorata nipote che ha sempre considerato come una figlia.

Tra decine di fotografie – bellissime quelle di Terry giovane giocatrice di baseball e Pat che, come dice Diana, somigliava a Lauren Bacall – filmati d’epoca e personali, racconti e lettere, si snoda la storia di due donne coraggiose e disposte a tutto pur di stare insieme.

Non sono decenni indolori: la solitudine, una contro-cultura – almeno fino agli anni ’60 – ancora troppo sotterranea perché loro due ne potessero venire a conoscenza, la paura continua di essere scoperte e, quindi, rovinate, ci confermano un quadro di cui abbiamo letto e che è stato rappresentato sullo schermo (ricordate, per esempio, la prima parte di Women, il film in tre episodi del 2000?), ma resta comunque insufficiente per comprendere fino in fondo cosa significasse.

Una paura che viene incarnata in un passaggio fondamentale del documentario, quando Diana, sfogliando in compagnia di Pat e Terry le loro vecchie foto e le lettere che Pat scriveva all’amata, nota che queste ultime sono strappate in fondo. Chiedendone il motivo, le viene risposto che strappavano i loro nomi, nel caso in cui qualcuno le avesse trovate.

Colpisce l’ordinarietà di una relazione raccontata senza pathos politico e testimonianze di attivismo, lesbico o femminista che sia, eppure profonda e vitale, tanto da farsi, così, potentemente politica, essenziale.

Il matrimonio, dopo settant’anni, è una formalità di cui nessuna delle due sembra sentire davvero il bisogno, ma nel momento in cui viene esperito – direttamente nella casa di riposo in cui si sono trasferite – assume i contorni di una restituzione pubblica doverosa e al contempo ironica, con le due donne, ormai fragili, sedute e circondate da parenti e amici, che si fanno lievi e sornione mentre si scambiano promesse di amore eterno.

Un amore segreto non vi rivelerà nulla che già non sapete, o forse sì.

Forse, il vero segreto del titolo, l’unico che abbia senso, sta nella risposta di Terry che a novant’anni ci dice, ridendo, quanto sia stato bello rompere tutte le regole.

Foto in evidenza: Cinematographe.com