La manifestazione di Sanremo cinquant’anni dopo
Nel 1972 il Casinò di Sanremo non ospitò solo il Festival della canzone ma vide quello che è stato considerato l’evento fondativo del movimento di liberazione omosessuale italiano. Il 5 aprile, il CIS, Centro Italiano di Sessuologia, inaugurò il primo Congresso internazionale di Sessuologia, il cui tema erano i Comportamenti devianti della sessualità umana. Era prevista una sezione intera del congresso sull’eziologia dei comportamenti omosessuali e le relative terapie di cura, tra le quali anche la lobotomia. In risposta, le soggettività queer organizzarono una manifestazione pubblica di fronte all’ingresso del Casinò.
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Fu, di fatto, la prima volta che la comunità LGBT+ italiana difese pubblicamente con un’azione di massa la dignità e i diritti delle persone omosessuali.
Per questo l’evento venne definito «la Stonewall italiana» e dichiarato «Anno primo, giorno primo, Momento Primo Irrinunciabile della uscita fuori».
L’idea del presidio fu del neonato Fuori (il Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano), che all’epoca aveva pochə – ma buonə – militanti, del calibro di Mario Mieli, Angelo Pezzana e Alfredo Cohen. Non solo: vi parteciparono anche attivistə dei principali movimenti di liberazione europei, come il Gay Liberation Front e il Front Homosexuel d’Action Révolutionnaire.
Lə manifestanti, circa una quarantina, si presentarono all’inaugurazione del congresso distribuendo volantini e urlando slogan. Le forze dell’ordine, chiamate immediatamente, sequestrarono cartelli e documenti, una decina di manifestanti vennero identificatə e portatə in commissariato. In seguito, il CIS cercò di far credere che si trattò di un intervento spontaneo delle forze dell’ordine.
Il convegno incominciò nonostante tutto: uno dei relatori sostenne che la liberazione sessuale avrebbe portato alla zoofilia e all’estinzione della specie umana; altri psichiatri mostrarono un atteggiamento interessato allə manifestanti, sostenendo, in maniera totalmente ipocrita, di essere dalla loro parte.
Il Fuori non risparmiò parole di denuncia per il perbenismo degli psichiatri: «Ritengono falso quel congresso ma non un qualche congresso sul falso problema dell’omosessualità. Chiediamo loro di leggersi Marx».
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Alcunə attivistə riuscirono a intrufolarsi all’interno e a prendere parola, tra cui Angelo Pezzana, che intervenne con il celebre: «Sono omosessuale e sono felice di esserlo». Il boicottaggio si servì, oltre che delle parole, anche di qualche fialetta di gas derattizzante che, per la puzza rilasciata, obbligò il convegno a chiudere un giorno prima del previsto. Sulla motivazione di questo gesto il Fuori scriverà: «Ci avete sempre trattato come topi, ora i topi si ribellano e derattizzano voi». L’esposizione mediatica della manifestazione fu enorme. Il 1972 è anche l’anno dell’uscita ufficiale della rivista del Fuori e questo evento riempì buona parte delle pagine del primo numero. L’analisi più sottile è quella di Domenico Tallone, pseudonimo di Carlo Sismondi. L’idea, veicolata a nome del FUORI e contro le dichiarazioni di altri collettivi omosessuali, riguarda il rifiutare il discorso medico sull’omosessualità tout court: il problema non è la patologizzazione dell’omosessualità, ma ogni tipologia di discorso medico a riguardo. La psichiatria è una scienza borghese che, partendo da una presunta naturalità della condizione sessuale – che naturale non è ma solo storica – e da una astratta neutralità scientifica, non fa che mistificare le cause reali della sofferenza omosessuale e, nei fatti, fa tutto il lavoro del capitale: «Noi diciamo che lo scienziato è spesso e semplicemente il servo che, convinto di tessere la storia, attua soltanto le scelte del padrone».
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Freud, e gli psichiatri con lui, sostengono che la repressione sessuale sia inevitabile per rendere possibile una sana forma di convivenza tra esseri umani e dunque sono i suoi effetti a dover essere curati. Il Fuori, invece, si oppone radicalmente a questa e a ogni altra forma di medicalizzazione della sessualità: «Ma trattare l’omosessualità come una malattia, anche se in modo molto “illuminato”, è accettare senza possibili dubbi il concetto di devianza, e a questo punto il peggior nemico risulta proprio lo scienziato illuminato e comprensivo. Dire all’omosessuale: “noi vi capiamo”, “la gente deve capirvi”, “accettarvi” è semplicemente creare la sotto-categoria degli aventi meno diritti, la categoria che è capìta, accettata perché soffre. Ma l’omosessuale soffre la repressione e non la sua omosessualità!».
Gli psichiatri, dunque, che Sismondi chiama «gli stregoni del capitale», non fanno che inchiodare l’omosessuale alla sua devianza e alla sua esistenza di radicalmente diverso, di radicalmente altro. La diagnosi degli stregoni serve al capitale per sopprimere ogni possibile capacità rivoluzionaria della sessualità ed è in primis questo che il Fuori, il 5 aprile 1972 di cinquant’anni fa, osò sfidare.
Immagini da wikipink.org
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