Cos’è l’intersezionalità? Cosa intendiamo quando si parla di inclusione? Quali sono le varie istanze che ci attraversano? La seconda giornata di Lesbicx è stata dedicata a queste e altre tematiche: attiviste, studiose e docenti universitarie, che hanno fatto del proprio corpo e del proprio agire una lotta continua, hanno alternato interventi di approfondimento teorico a riflessioni ed esperienze personali.
Questo insieme di realtà diverse e multiformi ha generato un dibattito sull’identità lesbica, su come riappropriarsene e sul fare rete, tra gli obiettivi cardine della tre giorni bolognese.
Spesso è risuonata la voce di Audre Lorde, nella sua massima mai abbastanza celebre, simbolo dell’intersezionalità stessa: “Non esistono battaglie monotematiche perché le nostre vite non sono monotematiche”; come è risuonata anche la voce di Wittig, in quell’affermazione dall’enorme potenza concettuale: “Le lesbiche non sono donne”, ripresa dall’intervento di Paola Guazzo. Intervento che si è interrogato, simbolicamente, sulla X che fa parte del titolo stesso dell’evento. Quella figura nata dall’insieme di due triangoli, dice, che convergono in un punto a cui la geometria non assegna una dimensione specifica, ma “dobbiamo scrivere una nuova geometria” e trovare noi la sua dimensione; come a dire: quel punto siamo noi.
Una traccia comune negli interventi era il grande elefante nella stanza, che si chiama governo giallo-verde. “Non credo ci sia il fascismo – dice Lidia Cirillo – perché non potremmo neanche fare questa riunione. Ciò però non toglie che gli eventi siano gravissimi e dobbiamo fare fronte comune per evitare di perdere quei diritti che abbiamo faticosamente conquistato”. Un governo che con un’incessante sovraesposizione mediatica moltiplica le oppressioni e legittima comportamenti violenti contro tutte le minoranze.
Le oppressioni sono di varia natura e le più subdole le abbiamo interiorizzate. Ci portiamo appresso stigmi con grande incosapevolezza e li utilizziamo come strumento di oppressione in primo luogo verso noi stesse, ci ricorda Elisa Manici, con un focus particolare su grassezza e difformità dei corpi, passando da Goffman e attraversando Foucault, per arrivare a dire che la questione del peso diviene un’effettiva forma di controllo. Una stigmatizzazione vera e propria, che porta i corpi in un limbo che oscilla dalla troppa visibilità all’invisibilità totale nella vita di tutti i giorni.
Di corpi non conformi ed emarginazione ha parlato anche Francesca Talozzi, donna lesbica e femminista che da dieci anni affronta il mondo da una sedia a rotelle. L’accessibilità passa anche, e innanzitutto, dalle barriere fisiche, che divengono poi psicologiche. Occorre mettere davvero sul campo la propria soggettività e mostrarla anche nella quotidianità. Il corpo è politica.
Antonia Caruso, attivista transfemminista e persona transessuale, si muove proprio a partire dalla propria fisicità, poiché, dice, “il corpo trans per il solo fatto di esistere abbatte tutta una serie di norme”. È destabilizzante e per questo lo scontro con un certo associazionismo è partito da lì, in primo luogo dall’accusa di invadere spazi di genere dedicati ad altro. “Bisogna combattere le Terf, in particolare quelle che sono dentro di noi.”
Una giornata ricca di stimoli, riflessioni, ma soprattutto di un tangibile spirito ottimista verso il futuro e verso il rinnovamento di una battaglia che passerà prima da noi stesse, dal nostro corpo e dalla nostra soggettività per poi, insieme e non da sole, affrontare il mondo.
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