BOLOGNESE, OPERAIA, MIGRANTE, LESBICA

di Donatella Vinci

Chi era Nella Nobili? Se lo si chiede a qualche docente universitario appassionato di poesia sicuramente saprà rispondere, ma non qui in Italia, in Francia. In Italia, dove persino i nobel della letteratura, se donne, vengono esclusi dai programmi scolastici ministeriali (vedi Deledda), le poetesse di spessore del Novecento considerate meritevoli di essere ricordate si contano sulle punta delle dita. Se queste scrittrici, poi, sono anche lesbiche, allora vengono letteralmente colpite dalla damnatio memoriae.

Certo, si può sperare che in qualche archivio locale il ricordo di una poetessa sia mantenuto almeno dalla città che le ha dato i natali. Nel caso di Nella Nobili, questa città è, per fortuna, Bologna, e se si ha il tempo e l’amore di compiere qualche ricerca si possono ancora trovare tante informazioni su di lei. Persino il sito della Sala Borsa le dedica un piccolo spazio in cui ci informa della sua esistenza e di come sia avvenuta, e cita alcuni suoi versi scelti ad hoc per enfatizzarne la bolognesità. Peccato che, fra tutte le informazioni biografiche che questa pagina ci offre, venga completamente omesso il dato della sua omosessualità, presente e visibile in tutta la sua produzione poetica (anche se compare il termine homosexuel in quanto parte di uno dei titoli delle stesse opere di Nobili che il sito è costretto a elencare integralmente).

Ma se siamo tristemente abituate a questo modo di trattare gli autori LGBT+, ciò che invece ci coglie come una felicissima sorpresa è il recente lavoro di pubblicazione curato da una delle voci più preziose della poesia italiana di oggi, Maria Grazia Calandrone. Nel 2018 è stato pubblicato per la Casa Editrice Solferino il libro Ho camminato nel mondo con l’anima aperta, una raccolta di poesie scelte di Nobili, in italiano e in francese (con traduzione italiana), con una lunga prefazione/introduzione, poesia essa stessa, di Calandrone, grazie alla quale possiamo entrare nel vivo di una biografia e di un’opera poetica tutt’altro che ordinarie.

Nella Nobili nasce da famiglia poverissima nel 1926, e sin dalla pre-adolescenza comincia a lavorare come operaia in una fabbrica bolognese. Tutta la sua vita sarà segnata dalla lotta disperata alla povertà e dai condizionamenti materiali che si pongono come ostacolo tra lei e la sua vocazione letteraria. Nonostante questi, una volta trasferitasi a Roma prima, nel 1949, e a Parigi poi, nei primi anni ’50, la poetessa riesce a entrare in contatto con gli ambienti letterari più importanti italiani e francesi e a frequentarne i salotti. La sua omosessualità è manifesta nei versi come nella vita, Nella scrive anche opere a due mani insieme alla compagna scrittrice Edith Zha (ancora viva). La sua opera poetica non è compresa e viene stroncata da un’aristocratica Simone de Beauvoir che la snobba in quanto operaia (in realtà Nella, nel frattempo si è inventata un lavoro da artigiana) e quindi non intellettuale di mestiere. Nonostante i tanti riconoscimenti avuti in senso opposto, è anche per il peso di giudizi come questi, insieme a quello dei colpi inferti dalla lesbofobia della società francese e italiana e dalla stanchezza logorante del lavoro di una vita, che Nella Nobili, forse sotto gli effetti collaterali di alcuni farmaci, si suicida nel 1985. Leggere i suoi versi oggi è doveroso, per ridare il giusto spazio di visibilità a una voce originalissima, anzi unica, della letteratura italiana, ma è uno di quei doveri che, non appena assunti, si tramutano in piacere, in gioia della scoperta e in un senso profondo di gratitudine.

pubblicato sul numero 44 della Falla, aprile 2019