LA CONSAPEVOLEZZA DELLA PUSSY GENERATION

di Irene Pasini

I millennials hanno un problema senza sapere di averlo. E no, non è né la mancanza di ambizione né tanto meno la svogliatezza nell’affrontare i compiti più semplici prendendosi delle responsabilità.

Contrariamente a quello che fino a ora è sempre stato detto, il problema vero e proprio della generazione nata dalla fine degli anni ’80 a poco prima del 2000 non pare essere una questione di talento o voglia di fare, ma piuttosto il rapporto con la comicità e le battaglie sociali. Sì, perché se oggi googlate la parola “millennials”, i primi articoli a comparirvi nella ricerca riguardano proprio il fatto che questa generazione, che tra qualche anno dovrebbe prendere il controllo e che già domina sui social, si prenda più sul serio.

Clint Eastwood ha riassunto bene il problema dicendo: “In passato facevamo continuamente battute sulle razze diverse. Oggi puoi solo dirle coprendoti la bocca con la mano sennò sarai insultato come razzista. Lo trovo ridicolo. Ai miei tempi ogni gruppo aveva un ‘Sam the Jew’ o ‘José the Mexican’, ma non avevamo mica pensieri razzisti.”

Lo stesso Clint Eastwood ha più volte definito la generazione millennials “la pussy generation”, ovvero una categoria di smidollati, senza il coraggio di fare una battuta sulla minoranza discriminata del momento.

Non bisogna certo arrivare negli Stati Uniti per trovare dei paladini dell’umorismo libero: in Italia abbiamo avuto Silvio Berlusconi, criticato aspramente da questa generazione di infantili moralisti, quando definì “abbronzato” l’allora presidente degli Stati Uniti Barack Obama.

Senza però doversi addentrare in altre figure politiche di dubbio gusto, che al giorno d’oggi siedono e ridacchiano da ben altre posizioni di potere, abbastanza emblematico a questo riguardo è stato per esempio il ritorno su Netflix di Friends. La serie tv con la quale gran parte dei millennials è di fatto cresciuta, sia per coloro che per la prima volta vedevano lo show, sia per chi lo riguardava dopo tanto tempo, nel 2018 risulta problematica. E problematica non per questioni di poco conto, ma per i suoi contenuti sessisti, grassofobi, omofobi e transfobici. La pussy generation non riesce più a ridere di fronte ai continui riferimenti al cibo della grassa Monica o davanti al cliché del dongiovanni italiano Joey, non tanto perché improvvisamente priva del senso dello humor giacché, come ha ben detto una smidollata millennial su Twitter, questa è pur sempre la generazione che ride per ore davanti a stupidi meme disegnati male e condivisi su Facebook. Il problema dei millennials è un altro: non è né la mancanza di ambizione né tanto meno la svogliatezza, ma nemmeno il fatto di prendersi troppo sul serio. Il guaio di questa generazione è che ha capito che il mondo che ora ha tra le mani continua a essere sessista e razzista, perché non ha mai dato importanza alla sensibilità della minoranza per poter garantire all’uomo bianco, etero e cisgender di riderci sopra, alleggerendo per un attimo la sgradevole sensazione di chi è arrivato dove è arrivato calpestando altri.

I millennials questo l’hanno capito bene e, con buona pace del repubblicano Clint Eastwood, non hanno intenzione di riderci più sopra.

pubblicato sul numero 41 della Falla, gennaio 2019