Un approccio non proibizionista al lavoro sessuale
Parlare di prostituzione o di sex work (lavoro sessuale) oggi, implica avere presente un ampio spettro di fatti, leggi e soggetti, contrariamente alle semplificazioni che vengono attuate dalla maggioranza dei media o nel dibattito generale, che di volta in volta rendono visibili solo porzioni di un mercato che è assai variegato.
Quello che nel mondo viene genericamente definito il “mercato del sesso” va, infatti, dai bordelli alle saune, dagli strip-club agli angoli delle strade, dai set dei video porno agli appartamenti, dalle agenzie di escort alle cam-girl. Ci lavorano donne, uomini, transgender e transessuali. Essi costituiscono una comunità di lavoratori e lavoratrici che, a seconda dei contesti sociali e legali del Paese dove operano, delle condizioni personali e dell’età, possono operare autonomamente oppure in forma dipendente da terzi che gestiscono e organizzano il loro lavoro. Un esempio sono i bordelli in Austria, dove la prostituzione è legale con licenza, o i grandi eros center in Germania e Austria, in cui il/la sex worker affitta i servizi ma decide in maniera autonoma sul proprio lavoro. Quest’ultima è attualmente l’opzione più comune in Europa, nei Paesi dove il lavoro sessuale è regolamentato.
La condizione di autonomia è soggettiva e dipende ovviamente molto dalle opportunità, dalla consapevolezza e dall’autodeterminazione. A volte ci sono circostanze che la limitano pesantemente, ci sono persone che sono obbligate a prostituirsi contro la propria volontà e con forti pressioni e abusi; fra queste, vi sono anche vittime di tratta.
Una delle priorità dell’Ue sulla tratta è di aumentare la prevenzione. La maggioranza dei politici hanno deciso che, con ciò, si intende far cessare la domanda e l’offerta di servizi sessuali che coinvolgerebbero le vittime della tratta. In realtà smantellare l’industria del sesso distrugge le vite e il lavoro dei sex workers e li spinge all’illegalità e all’isolamento. Allo stesso tempo, le vittime della tratta non emergono, e anche quando ciò accade, i loro bisogni sono raramente affrontati in maniera efficace. I politici confondono il lavoro sessuale scelto consapevolmente con la tratta, e da ciò ne conseguono sia politiche inefficaci rivolte ai sex worker, che l’indifferenza verso i loro diritti.
Quando si parla di sex work si deve essere chiari e non confonderlo con il traffico di esseri umani o con gli stupri. Le molte persone che lavorano nell’industria del sesso costituiscono una realtà che va studiata, esplorata e soprattutto ascoltata. Oggi, infatti, ci sono attiviste in tutto il mondo che parlano in prima persona del proprio lavoro e dei problemi a esso correlati.
Leggi inoltre Lavoro sessuale: intervista a Ombre Rosse. Un contenuto realizzato da Mattia Macchiavelli per approfondire il tema del sex work attraverso un’esperienza diretta.
pubblicato sul numero 37 della Falla – luglio/agosto/settembre 2018
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