di Mattia Macchiavelli
Carmen Ebanista, illustratrice calabrese che ha deciso di prestare la propria arte al nostro almanacco, è decoratrice, grafica, incisore e muralista. Membro del collettivo artistico Gli Infanti, realizza per il blog della Falla le illustrazioni della rubrica Cosmopolitan; è possibile vedere i suoi disegni cliccando qui.
Che cos’è per te il maschile? Come lo rappresenteresti?
Ho riflettuto molto sul maschile, guidata dal pensiero che il problema della violenza sulle donne è un problema dell’uomo: riconoscerlo e capire il contesto culturale dentro il quale si genera è un passo decisivo per risolverlo. È all’uomo che parlo, alla sua ragione, teologia e cultura. La sua forte presenza è nell’ombra centrale sulla figura, entro la quale, però, il femminino irrompe con i suoi fiori. Si vuole così riconoscere il diritto all’autodeterminazione come fondamentale, assumendosi la responsabilità di difenderlo, partecipando attivamente nel quotidiano e non delegando solo alle donne questa lotta alla cultura sessista dominante.
Che definizione daresti del colore verde? Come hai deciso di utilizzarlo all’interno di questa immagine?
È un colore libero dal genere e che racchiude in sé dei riferimenti condivisi: mi fa pensare al concetto di natura, inteso sia come ciò che ci circonda sia come ciò che coltiviamo dentro di noi. E aggiungerei un richiamo alla speranza. Nell’immagine il colore ha dato equilibrio e forza ad alcuni elementi, portando in evidenza gli aspetti sui quali mi sono concentrata, come ad esempio il volto senza tratti ma con uno sguardo che conosce lo stato delle cose.
In questa rappresentazione un elemento centrale è la vagina. Parlacene.
È una parte del corpo spesso censurata e raramente rappresentata. Durante il processo di costruzione dell’immagine ho bisogno di leggere molto e quello che più mi ha colpita delle testimonianze è stata la ridondanza della parola “invasione”. Ho inserito quindi delle mani giunte per questo luogo di sacralità personale, di rifugio e amore. Che non ha niente a che fare con le religioni, la morale o lo Stato, poiché nessuno può decidere su corpo, sessualità e libertà.
Può l’arte essere strumento di lotta sociale?
La storia dell’arte regala tantissimi esempi e dal mio punto di vista deve essere così, si tratta di uno strumento potentissimo. Chiunque lavori con la comunicazione possiede il privilegio e la responsabilità di invitare il pubblico a una riflessione, di inviare un messaggio che parli anche senza parole. Non credo nell’arte autocelebrativa e mi è chiaro che senza confronto con il mondo e i suoi problemi difficilmente possiamo sviluppare una coscienza costruttiva e far sentire la nostra voce.
Per La Falla illustri una rubrica che narra di luoghi lontani e realtà diverse; qual è il posto più strano in cui ti è capitato di dar sfogo alle tue passioni?
Viaggiare è un ottimo modo per portarsi a casa non solo il solito souvenir, ma magari il ricordo di una sera in barca, un particolare giro in giostra, un prato dalla notte stellata… aggiungendo pezzi a quella collezione di sorrisi e avventure che non deve mai mancare!
pubblicato sul numero 30 della Falla – dicembre 2017
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