Recensione di Grass*- Strategie e pensieri per corpi liberi dalla grassofobia
«La grassezza è l’ultima categoria di persone che nell’Occidente progressista ci si sente liber* di disprezzare e dileggiare. L’ho detto e scritto spesso. Ma fosse solo questo: la grassezza non ha a che fare con l’essere considerate brutte o con l’attrattività sessuale, o almeno, non solo. La discriminazione è reale».
Come a voler confermare l’assunto che apre il libro, all’annuncio da parte di Eris della pubblicazione di Grass* nella collana BookBlock, una scarica violenta di commenti di odio si è riversata sui social sotto il post della casa editrice. Tanti erano rivolti specificamente all’autrice, Elisa Manici, giornalista, ex direttrice della Falla e fat queer activist di lunga data nel panorama dell’attivismo LGBTQ+ italiano.
Grass*, in uscita oggi 30 giugno in libreria, non è un saggio che si concentra esclusivamente su fat shaming e grassofobia, tutt’altro: Manici sceglie per sottotitolo «strategie e pensieri per corpi liberi dalla grassofobia» e procede in un «breve viaggio», condensato ma ricco. Nella prima parte attraversa le ragioni storico-culturali dello stigma che marchia i corpi grassi disumanizzandoli e nello specifico i corpi grassi femminili e Afab, portatori di «molteplici negatività», il minority stress quotidiano, la patologizzazione e la medicalizzazione della grassezza che sfocia nel disease mongering (nda: la costruzione della malattia con fini di guadagno), il corpo magro come sinonimo di bellezza, forza – anche morale – e giovinezza, l’intersezione con il razzismo bianco.
Nella seconda si cambia prospettiva, affiorano l’empowerment e le strategie – tante – per opporsi allo stigma. Scopriamo il legame tra grassezza e queerness, il potere taumaturgico del coming out, la storia del fat queer activism come pratica politica e controcultura: un’autorappresentazione che si oppone a quella mainstream e che si muove tra produzione artistica, culturale, cinematografica, musicale e attivismo sui canali social.
Una cinquantina di pagine in tutto, magnificamente scritte, colte e divulgative al tempo stesso, tra rimandi a Foucault, Goffman, biopolitica, Bordo e alla fact queer activist Cooper, al gruppo di attiviste canadesi Pretty porky and pissed off, alle activistas gordas (attiviste grasse latino-americane e spagnole), ai terrificanti reality come The biggest looser, e alle influencer, tra cui le italiane Belle di faccia.
Non manca nulla per potersi concedere, dopo la sua lettura, svariati approfondimenti tematici fruendo dei tanti riferimenti a libri, attivistə e artistə. Non manca nemmeno il pezzo personale dell’autrice, nell’introduzione e in conclusione, perché questo è un saggio, sì, ma di un* giornalista che è anche un* attivista, perciò il tono è capace di cambiare e accogliere sfumature, financo emotive, di grana intensa. Personale e politico si intrecciano, per ripetere una formula abusata ma non per questo meno vera, in forza a uno sguardo femminista intersezionale che Elisa Manici è solita applicare a tutto ciò che scrive e pratica.
Voglio ricordare, a questo proposito, il mio primo incontro con lei, a distanza: una locandina al Cassero Lgbti+ Center. Era il 2009 ed Elisa Manici si imponeva ai miei e ai nostri occhi in tutta la sua esplosiva corporeità nell’immagine-manifesto del festival Soggettiva, dal titolo Corpus Domina, di cui era co-direttrice artistica. Nel saggio, racconta che fu il suo primo gesto pubblico di fat queer activism. Un corpo erotico, grasso, gioioso, che si spogliava e dominava, indomito e bellissimo, la scena.
In Grass*, così come in quel manifesto, Manici è stata capace di mostrare come ribaltare il paradigma e ridiscutere la normatività, dandoci in mano non solo un libro necessario (sono pochissimi i contributi italiani sul tema), ma un libro rivoluzionario che fin dall’uso nel titolo dell’asterisco introduce direttamente a contenuti che la nostra stessa comunità LGBTQ+ ancora fatica ad assimilare e a riconoscere come propri. D’altro canto è altrettanto vero che «gran parte dell’attivismo grasso», riporta l’autrice citando Cooper «è fatto da persone molto etero la cui idea di cambiamento sociale è basata sui loro valori ed esperienze molto etero. Le persone queer a cui accade di essere grasse portano una sensibilità differente al loro attivismo».
Nella sua famosa poesia Torture, Szymborska scriveva: « […] il corpo c’è, e c’è, e c’è e non trova riparo». Noi ci auguriamo che i nostri corpi, tutti, a partire da quelli grassi, queer e non conformi, si alleino e a compimento dell’incessante lavoro dellə attivistə, finalmente lo trovino.
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