Gli editti di Aśoka sono delle iscrizioni in pracrito, greco e aramaico, incise su pilastri, massi e caverne in Afghanistan, Bangladesh, India, Nepal e Pakistan.
Sono attribuiti al re Aśoka Maurya il Grande (304-232 a.C.) che, dopo aver vinto la sanguinosa guerra di Kalinga (265 a.C.), si pentì degli orrori compiuti e creò con gli editti un prototipo di diritti universali.
Rifacendosi al dhaṃma (εὐσέβεια in greco), un concetto che racchiude «buone azioni, gentilezza, generosità, sincerità e purezza», difese il rispetto per la vita: proibì i sacrifici, garantì assistenza medica ai bisognosi e ordinò la costruzione di luoghi di ristoro lungo le strade. Ciò valeva anche per gli animali, alcuni dei quali divennero protetti per legge. Obbligò a trattare con dignità i carcerati, esortando all’uniformità nei giudizi e nelle punizioni. Aśoka era buddista, ma stimava tutte le religioni e promosse il confronto fra esse: «chi disprezza l’altrui credo, danneggia il proprio credendo d’esaltarlo».
Pubblicato sul numero 56 della Falla, giugno 2020
Immagine di Claudia Tarabella
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