NELL’INTERESSE DEI BAMBINI

di Nicola Riva

Se l’idea che le relazioni affettive tra persone dello stesso sesso meritino un riconoscimento giuridico è ormai diffusa anche in Italia, l’idea che le persone omosessuali possano essere validi genitori fatica ancora a imporsi. La cosa più assurda è che chi si oppone al riconoscimento della genitorialità omosessuale e difende le norme che, negando loro l’accesso all’adozione o alle nuove forme di procreazione limitano la libertà delle persone omosessuali di divenire genitori, pretende di giustificare le proprie posizioni facendo appello all’interesse dei bambini. È pertanto il caso di chiarire che la battaglia per l’omogenitorialità è, soprattutto, una battaglia nell’interesse dei bambini.

Nell’interesse, innanzitutto, dei nostri bambini: quelli che abbiamo voluto (è raro che a noi “capiti” di avere dei figli), che vivono con noi e di cui ci prendiamo cura ogni giorno. Bambini che il diritto dovrebbe tutelare e che, invece, si ostina a non vedere. Bambini che hanno a che fare ogni giorno con persone che, con la complicità della legge, negano la realtà delle loro famiglie: famiglie fatte di due madri o di due padri o (perché no?) di più genitori. Bambini che, dovessero perdere un genitore (quello riconosciuto), verrebbero condannati dal diritto a perdere anche l’altro (quello non riconosciuto). Può esistere una situazione più contraria agli interessi di quei bambini?

Nell’interesse, poi, dei bambini che potrebbero nascere se solo le norme fossero diverse. Poiché limitare la libertà delle persone omosessuali di divenire genitori significa impedire che dei bambini nascano. Anche supponendo che in una società omofoba i figli di persone omosessuali potrebbero incontrare maggiori difficoltà – il che è un valido motivo per combattere l’omofobia, non per limitare la libertà di chi la subisce –, si può veramente sostenere che crescere con un genitore omosessuale sia contrario all’interesse di un bambino al punto da rendere la sua non esistenza un’alternativa preferibile? Solo una mente accecata dall’omofobia può giungere a una conclusione così poco ragionevole.

Nell’interesse di tutti i bambini, perché vi è ragione di credere che le persone omosessuali, in ragione del loro vissuto, possano essere genitori migliori di tanti genitori eterosessuali: un fatto che trova conferma nell’ormai ampia evidenza empirica disponibile e che non dovrebbe stupirci. Dopotutto, sappiamo bene cosa significhi crescere con genitori incapaci non dico di apprezzare ma anche solo di accettare la diversità dei loro figli. Sappiamo cosa significhi crescere in famiglie eteronormative, nelle quali i bambini vengono istruiti a negare se stessi per ricoprire un ruolo al quale il loro sesso li condanna: femmina o maschio, moglie o marito. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Nell’interesse, infine, dei bambini omosessuali, bisessuali e transgender, il cui punto di vista non è mai contemplato quando si parla astrattamente degli interessi dei bambini. Bambini che hanno un evidente interesse a crescere in una comunità ospitale rispetto alla loro diversità. Quale via più efficace per creare una simile comunità dell’impegnarsi come genitori a crescere le nuove generazioni? Lo scontro tra la nostra civiltà e l’inciviltà dei nostri avversari si gioca sul terreno dell’educazione. In quello scontro i nostri interessi non sono opposti a quelli dei bambini: i nostri interessi sono i loro e i loro i nostri. Che è poi come dire che il futuro è dalla nostra parte e noi dalla sua.

pubblicato sul numero 10 della Falla – dicembre 2015