di Vincenzo Branà
Per molto tempo la comunità LGBT+ ha trovato soddisfazione solo nel proprio orgoglio: non esistevano riconoscimenti legislativi, anzi tanto la politica quanto i mezzi di comunicazione di massa la relegavano in una marginalità che spesso coincideva con l’invisibilità. Negli anni Novanta del secolo scorso, in Europa, sono arrivate le prime norme che riconoscevano le coppie same-sex e in quegli stessi anni, in Italia, iniziavano a sfilare nelle strade i primi Pride.
Oggi le persone LGBT+, sebbene ancora lontane dal pieno riconoscimento legislativo e sociale, sono protagoniste di film e serie tv, raccontate dai giornali, visibili, non senza difficoltà talvolta. Non solo: sulla scena politica hanno pian piano fatto il loro ingresso persone LGBT+, visibili e orgogliose. Nel tracciato di questa storia vanno interpretate due notizie che, nate nel territorio bolognese, interessano l’intero Paese. La prima: lo scorso 5 dicembre il sindaco Virginio Merola ha consegnato il Nettuno d’oro, la massima onorificenza bolognese, a Franco Grillini, fondatore di Arcigay. Nell’aula consiliare in cui sedettero Dozza e Carducci, una folla di cittadini e cittadine ha festeggiato il “compagno busone”. Pochi giorni dopo – e questa è la seconda notizia – la giuria dei premi Ubu, gli Oscar del teatro italiano, ha reso note le candidature per l’edizione 2018. Nella categoria curatori una sorpresa: Daniele Del Pozzo, direttore del festival Gender Bender, prodotto dal Cassero, era nella terna dei finalisti. Un fatto inatteso, non di certo per l’indiscutibile qualità del lavoro di Daniele, semmai perché non era mai successo che in quel Pantheon facesse il suo ingresso un operatore proveniente da un circolo LGBT+. I premi, certo, non colmano le lacune che continuiamo a denunciare sul piano dei diritti. Tuttavia, essi ci dicono qualcosa su quanto una cortina sociale e culturale che ci relegava altrove, si stia pian piano infrangendo. E ci danno inoltre un’occasione, sempre gradita, per festeggiare ed essere orgogliosi.
pubblicato sul numero 41 della Falla – gennaio 2019
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