di Davide Conzatti

In un caldissimo giorno di un lontanissimo futuro i massimi rappresentanti della comunità LGBTQRSTUVZ (…) si incontrarono in occasione di un convegno di interesse mondiale, per discutere la definitiva rimozione genetica del pelo.

“Una questione di praticità” affermavano i promotori dell’iniziativa, “Ormai ci siamo evoluti anche noi, non siamo più scimmie”. Tra di loro capeggiavano una popolare drag queen, che aveva lottato contro i peli tutta la vita, un atleta olimpionico accompagnato dal marito esteta (un’autorità sulla bellezza classica) e una ricercatrice, madre non biologica di tre figli – la compagna era rimasta a casa con i bambini. Al Movimento Contropelo s’oppose immediatamente una considerevole fetta di popolazione, che occupò l’area circostante il luogo del convegno allestendo un vero e proprio festival del vello umano: intere aggregazioni di orsi e orsetti, un discreto numero di estetiste e operai di fabbriche di rasoi in cassa integrazione, nudisti dell’era dell’Acquario e femministe radicali con le treccine sotto le ascelle, attivisti del WWF vestiti da panda e fan di Frida Kahlo; ovunque oscillavano cartelli colorati, una foresta di motti come “Non potete torcerci un pelo”, “Lo state cercando nell’uovo” e “Non ce li abbiamo sulla lingua”. Tutt’intorno erano spuntati stand che vendevano birra gelata, zucchero filato, palloncini pelosi, magliette de La bella e la bestia e pellicce sintetiche per i manifestanti glabri.

A rappresentare la controparte presero posto tra i convegnisti un onorevole deputato nato femmina, che aveva lottato per i peli tutta la vita, uno stilista barbuto (guru della moda d’avanguardia nonché sex symbol) e una donna scimmia – quest’ultima taceva in segno di protesta e per provocare gli oppositori aveva messo sul tavolo una fruttiera piena di banane. La drag non si fece problemi a mangiarne una e gettare la buccia a terra, gesto che scatenò l’inevitabile pandemonio: l’esteta agitava minaccioso lo strigile antico con il quale raschiava personalmente il corpo liscio del marito in sauna – si suppone si trattasse più che altro  di gelosia, perché l’atleta aveva mostrato un marmoreo pettorale al villoso stilista, il quale aveva risposto sbottonandosi maliziosamente la camicia e asserendo che si può anche perdere il pelo ma non il vizio; il deputato sciorinava articoli uno dietro l’altro per controbattere alle teorie evoluzionistiche della ricercatrice , mentre la donna scimmia esponeva una gigantografia di Darwin – cui la drag queen mise il rossetto. Sembrava che nulla potesse ristabilire l’ordine quando improvvisamente un ragazzino di dieci anni ruppe le file e attraversò l’aula verso il microfono più vicino, quello del deputato, facendo coming out in mondovisione: “È grazie al pelo che ho capito di essere gay” dichiarò, “La mamma ha fatto una torta per festeggiare i miei primi peli pubici, ma io non vedo l’ora di averli sul petto per poter essere ascoltato e ricordare al mondo che quando esisteva l’omofobia avevamo diritti più nobili per i quali combattere!”

I cameraman fecero lo zoom su una lacrima che la ricercatrice non riuscì a trattenere, sancendo la decisiva vittoria del pelo contro la sua estinzione.

pubblicato sul numero 7 della Falla – luglio/agosto/settembre 2015